La crescente insicurezza giovanile: un appello a credere nel cambiamento

La società contemporanea sembra generare un’insicurezza crescente tra i giovani, limitando la consapevolezza delle proprie capacità e del proprio potenziale. La realtà odierna differisce sensibilmente da quella degli anni ’90, un periodo a cui molti lettori, appartenenti alla mia stessa generazione, possono facilmente fare riferimento. Viviamo un’epoca di trasformazione rapida, che genera disorientamento e difficoltà di adattamento, anche tra gli adulti. I cambiamenti sociali profondi, come l’avvento del treno a vapore o della televisione, hanno sempre rappresentato una sfida, ma in passato si nutriva una fiducia maggiore nelle proprie possibilità, un ottimismo legato alla convinzione che l’individuo potesse realizzare il proprio destino, anche a costo di tentativi fallimentari. Il successo, allora, era sinonimo di azione, di impegno, di creazione di movimento. Certo, le opportunità erano limitate dalla condizione socio-economica e dalla geografia, ma l’aspirazione al miglioramento personale era stimolata e premiata. Forse, proprio questa mentalità, incentrata sulla risoluzione autonoma dei problemi, sull’esperienza diretta, anche con i suoi inevitabili errori e cadute, ha forgiato una generazione più resiliente. Al contrario, l’attuale tendenza a proteggere i giovani eccessivamente, a risolvere loro i problemi e a porre l’accento sulla performance impeccabile, potrebbe aver contribuito alla nascita di una generazione più fragile e demotivata, incline a rinunciare prima ancora di provare, ad abbracciare la passività per evitare il rischio del fallimento. Quali sono le ragioni di questa mancanza di fiducia in se stessi, di questa difficoltà a immaginarsi come agenti di cambiamento? L’abbondanza di risorse e l’immediatezza dei risultati potrebbero aver generato una propensione all’adattamento, una preferenza per il compromesso, piuttosto che per la sfida di costruire attivamente il proprio futuro, di creare un mondo secondo la propria visione. Il concetto di “lavoro”, spesso percepito come un diritto in sé, andrebbe invece ripensato come un’opportunità di creazione e produzione, una possibilità di inventare nuove professioni e di affermare la propria unicità. È fondamentale, quindi, che i genitori ed educatori promuovano l’autostima nei giovani, instillando in loro la convinzione che la vita non è facile, ma che con impegno e umiltà è possibile trasformare le proprie esistenze. Non è la vittoria a contare, ma la capacità di essere utili, di contribuire al bene comune. La fede in se stessi, l’amore e la creatività sono le uniche vere certezze, la base su cui costruire un futuro migliore. Se non crediamo in noi stessi, chi potrà mai farlo? [mailpoet_form id=”2”]