Giancarlo Cattaneo: Due Decenni di Radio, Parole Note e Sogni Realizzati

Spesso sento dire che per la radio non serve più una bella voce. Anche io, a volte, ho nutrito questo dubbio, ma poi ascolto alcuni speaker che mi smentiscono clamorosamente. Non parlo di quella voce impostata, tipica degli anni ’80 o dei trailer cinematografici catastrofici, ma di qualcosa di fresco, contemporaneo e, soprattutto, “sorridente”. Giancarlo Cattaneo incarna perfettamente questa idea. Un vero enfant prodige radiofonico, uno speaker che sembra sfidare il tempo, con la sua aria da eterno ragazzo del sud. Oggi Giancarlo coltiva le sue ambizioni con “Parole Note”, conduce su Radio Capital e condivide con noi il suo percorso radiofonico ventennale. Ricordo Giancarlo come un giovane speaker con tutte le qualità per brillare a Radio Deejay. La vita, però, lo ha guidato altrove. Gli avrei chiesto se rimpiange di non aver avuto più tempo per dimostrare il suo talento lì. “Certo, mi sarebbe piaciuto – risponde – ma la vita è imprevedibile. Ci sono arrivato, anche se in modo indiretto (sette anni di ‘Ciao belli’, ndr).” Il suo sogno era sempre stato Radio Deejay; ci è andato vicino più volte: dal contest “Dj ti vuole”, all’incontro con Linus, fino all’SMS del direttore nel 2007: “Mi serve un DJ motivato, ti interessa?”. Pensò subito a Radio Deejay, ma poi seppe che si trattava di Radio Capital. Da allora è lì. Quando la radio è passata da sogno a professione? Sono stati tanti momenti, durante la gavetta, che mi hanno fatto sperare, rappresentando tappe importanti affrontate con passione. Il salto decisivo è arrivato nel 2001, quando Gigio d’Ambrosio, direttore artistico di One o One, lo contattò: “Dal 21 luglio sei in onda, organizzati”. Da anni porta avanti “Parole Note”. Ce lo spiega: “Parolenote cerca di dare voce alle parole: un progetto con Maurizio Rossato (regista di Fabio Volo) che crea un nuovo dialogo tra musica e poesia, usando testi di grandi autori (Neruda, Salinas, Bukowski…) in radio e dal vivo. È un grande cinema poetico”. Nonostante la crisi, il progetto ha tanti sostenitori, e le richieste per i loro concerti sono numerose: 48 nel 2017. Ha dei rimpianti? “No, onestamente. Ci sono stati momenti meno fortunati, persone e situazioni non sempre allineate alle mie idee, ma fa parte del gioco”. E quanti personaggi poco preparati ci sono nelle radio nazionali? “Non sta a me giudicarlo, anche perché mi metterei in cima alla lista! Il problema è spesso ‘dietro le quinte’: mancano figure competenti in ruoli cruciali di gestione, spesso senza capacità di leadership”. La sua voce è invidiabile. Gli è servita per conquistare le ragazze? “Ah ah ah… parecchio, ma credo di averla usata con giudizio”. Con carta bianca, cosa farebbe? “Continuare così, dando più spazio a progetti come Parolenote, osando sempre di più”. La radio negli ultimi vent’anni è migliorata o peggiorata? “Cresce con noi, è una costola. È peggiorata per l’omologazione, il livellamento verso il basso, la poca attenzione alla diversificazione e troppa all’audience. La ‘torta’ è quella, e tutti potremmo mangiarne una fetta”. E cosa risponde a chi pensa che guadagnino cifre esorbitanti? “Potrei mostrare la mia dichiarazione dei redditi! Arrivo alle 7 e spesso esco alle 18. La radio è fatta di caffè nei corridoi, di scambi creativi, di chiacchiere con chi la vive o la visita”. Quando da giovane consigliava questo lavoro e gli rispondevano “E poi cosa fai?”, cosa provava? “Enorme frustrazione, poi grande soddisfazione. È considerato un gioco, ma ci dà da vivere ed è un vero mestiere. Artigiani della parola… non siamo tanti, un motivo ci sarà, anche se non bisogna prendersi troppo sul serio. Altrimenti si resta schiavi di una bella voce”. Un saluto finale? “Un detto napoletano: ‘Dicette o pappice vicino a’ noce, ramm’ o tiemp’ ca te spertose’ (Disse il pazzo vicino alla noce, aspetta il tempo che si spacchi).”