Il Green Pass e le sue ripercussioni psicologiche: una prospettiva clinica

Il Green Pass e le sue ripercussioni psicologiche: una prospettiva clinica

La recente introduzione dell’obbligo del Green Pass per i lavoratori ha innescato tensioni e conflitti sociali di notevole intensità. Relazioni consolidate, basate su amicizia, affinità o condivisione di credenze, si sono improvvisamente incrinate a causa di divergenze ideologiche e sociali. Come psicologo, assisto quotidianamente a queste dinamiche, osservando come le divisioni si insinuino persino all’interno dei nuclei familiari. Il mio ruolo non è prendere posizione su questioni politiche o sanitarie, ma piuttosto sostenere le persone nel gestire le proprie ansie e incertezze, favorendo la crescita della consapevolezza e delle risorse individuali. Le decisioni sanitarie competono agli esperti del settore, e noi, a loro giudizio, ci affidiamo per la nostra salute (come già sottolineato in precedenti lavori). Questa fiducia, però, si fonda su una razionalità individuale, inserita in un più ampio sistema di valori e nella personalità di ciascuno. L’aspetto centrale del mio lavoro, in questo contesto, è analizzare le dinamiche psicologiche e comportamentali emerse in questo periodo. La polarizzazione in fazioni contrapposte (favorevoli o contrarie al vaccino e al Green Pass) è un fenomeno che richiede approfondimento. Come si formano queste categorie e come vengono elaborate le relative etichette mentali? In parte, la risposta risiede nella comunicazione spesso ambigua veicolata dai media durante la pandemia. L’emergenza sanitaria, legata a un virus sconosciuto e a una malattia senza precedenti, ha alimentato la diffusione di numerose teorie, spesso contrastanti tra loro, che si sono propagate rapidamente, senza un adeguato supporto scientifico. Di fronte a tale moltitudine di informazioni, quale scegliere? Il processo decisionale, in definitiva, si basa sul sistema di valori individuali, portando ciascuno a privilegiare le informazioni più rassicuranti per sé. La conseguenza, però, è che persone prima unite da affetti e interessi condivisi, sono state allontanate, emarginate da un contesto sociale di cui non condividono i valori e le strategie di tutela della salute. Non spetta alla psicologia esprimere giudizi di valore sulle scelte altrui. Il nostro compito è comprendere le emozioni e il processo decisionale di chi si sente emarginato, così come le emozioni di chi ha perso contatti importanti. Le emozioni, a mio avviso, sono la chiave di lettura di questa pandemia, che oltre ad essere un’emergenza sanitaria, rappresenta un’emergenza psicologica senza precedenti. Prestare attenzione alle proprie emozioni – tristezza, solitudine, rabbia, delusione, paura, ma anche energia, vitalità e soddisfazione – è fondamentale per costruire la propria identità e per comprendere se stessi e gli altri. La consapevolezza delle emozioni e del modo in cui le esprimiamo definisce chi siamo, ai nostri occhi e a quelli degli altri. Ricordate: potete scegliere di essere la persona che desiderate essere, sia nella vostra vita personale che nelle relazioni con gli altri. Sfruttate le vostre risorse, ascoltatevi e riuscirete ad ascoltare meglio gli altri, trasformando questa difficile esperienza in un’opportunità di crescita personale.