Recensione di “La Luna Adesso” di Pierluigi Mele

Le parole vuote, come schegge di vetro, custodiscono un’intimità silenziosa. Non si integrano nel flusso del discorso, ma rimangono isolate, a tessere un arazzo di pensieri incompiuti. Sono parole spoglie, contate, che portano il peso di un passato lacerato. In esse, come echi di ricordi offuscati, sussurrano frammenti di storie spezzate, sillabe appena accennate che soffocano la ricchezza di una narrazione corale. Queste parole deserte trasportano la gelida brezza dell’oblio, affiorando a galla come detriti di un naufragio. Quando la memoria si fa bambina, vulnerabile e inerme, riemergono, popolando la mente di scogliere insormontabili. In quei momenti, parole silenti vengono sussurrate, incomprensibili a chi le ascolta. Voci stridule, simili al fischio assordante dei freni di un treno, risuonano in una mente inaccessibile, un meccanismo rotto che non si lascia decifrare. La paura di un racconto inedito, celato nel silenzio e nelle trame tessute a filo di anni, incombe, un mistero indecifrabile. Allora, ci si fa bambino a propria volta, nella speranza di sbrogliare il tempo, di decifrare gli scarabocchi di una mente che naviga tra storie e parole ammucchiate, arenata nel mutismo nella ricerca del vento e della luna. In “La Luna Adesso”, Pierluigi Mele ci conduce in una storia narrata attraverso silenzi e memorie. Mimmo, un editore, custodisce le parole di sua madre, affetta da Alzheimer, che si aggrappa ai sorrisi come a un’ancora di salvezza. Silenziosa, lei sussurra solo pochi frammenti di vita, il suo mondo ridotto all’essenziale. Attraverso il respiro affannoso di sua madre, Mimmo ricostruisce i legami familiari e la malinconia dell’abbandono, elementi che diventano un confine da superare per vincere tristezza e sventura. Le disgrazie, in questo caso, uniscono, e l’affetto leviga l’anima, donando una bellezza struggente al rapporto madre-figlio, nonna-nipote. Un romanzo di rara bellezza e delicatezza, una storia che lascia il lettore con il desiderio di contemplare la luna anche dopo che è scomparsa, tanto che staccarsi dalle sue pagine diventa quasi un peso insopportabile. La prosa è coinvolgente, potente e delicata, un mix di lirismo e immediatezza reso ancora più accattivante dall’uso sapiente del dialetto, perfettamente integrato nel tessuto narrativo, rendendo il racconto ancora più autentico e memorabile.

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