La tenacia di un sopravvissuto: riflessioni su “Il pianista” di Władysław Szpilman

La tenacia di un sopravvissuto: riflessioni su “Il pianista” di Władysław Szpilman

La lotta per la sopravvivenza, l’unica forza vitale che alimenta chi è costretto a vivere sotto il costante terrore dei bombardamenti, un cielo reso vergognoso dall’orrore inenarrabile della guerra. La paura e la disperazione stritolano come un’alluvione, e il fumo della distruzione inghiotte vite come fossero stracci insignificanti. Il risultato è un vuoto desolato, fatto di rovine e disperazione. La fortuna premia pochi, chi riesce a fuggire, chi resiste, cambiando fino a non riconoscersi più. La fame scava nel corpo e nell’anima, riducendo i pensieri all’essenziale: la sopravvivenza. In guerra, o si combatte, o si fugge. Se si scampa alle armi, è la fame a consumare, a consegnare alle grinfie della morte. La compassione di un nemico, l’atto di lasciarti in vita, trova una sola spiegazione: nessuno vuole la guerra, né chi la combatte, né chi la subisce. Sopravvivere significa sentirsi graziati, miracolati. “Il pianista” di Władysław Szpilman narra l’incredibile perseveranza di un uomo di fronte alla morte. Varsavia, 1939: la città è devastata dall’invasione tedesca. L’occupazione nazista trasforma i cittadini in prede da cacciare, da deportare nei campi di sterminio. Szpilman, giovane pianista, sfugge miracolosamente alla distruzione di una Varsavia ridotta in macerie. Il Notturno di Chopin rappresenta il confine tra vita e morte. Un racconto potente e commovente, un libro prezioso e imprescindibile, da leggere assolutamente.