Preservare l’equilibrio, evitando posizioni estreme, è un’abilità, a volte una filosofia di vita che limita l’esposizione a situazioni delicate. Non implica, però, mancanza di personalità. Si analizzano le questioni e si sceglie una posizione mediana, consapevoli che scelte troppo nette possono avere conseguenze significative. Questi “funamboli del pensiero” coltivano una diplomazia raffinata, uscendone indenni anche dalle situazioni più spinose. Non si tratta di semplice conciliazione, ma di un’arte che si apprende. Il carattere, pur affinandosi, rimane inalterato; si cerca di adattare le circostanze alle proprie capacità, senza eccessive coinvolgimenti che potrebbero esporre a accuse di parzialità. Mantenere la neutralità pur esprimendo la propria opinione è una dote rara, richiedendo una profonda consapevolezza delle proprie competenze, sviluppate nel tempo. Il resto sono congetture effimere, svanenti al contatto con la verità. In “Pater”, Domenico Cacopardo ci introduce nella vita di Cataldo Giammoro, un giovane messinese benestante. Cataldo sta per conseguire la laurea in Giurisprudenza quando arriva da Arezzo la cugina Liborietta. Tra loro sboccia un rapido amore e matrimonio. Si occupa degli affari di famiglia e intraprende la carriera forense, diventando un influente membro dell’amministrazione comunale, pur senza cariche elettive. Questo ruolo gli garantisce un potere significativo su assunzioni e appalti, con legami sia politici che criminali. Questa ascesa, però, è rischiosa. Due ufficiali della Guardia di Finanza gli propongono la collaborazione, chiedendogli di confessare tutto. Le scelte di Cataldo costituiscono il fulcro della trama. Il romanzo è avvincente, descrivendo una mente strategica che orchestra il potere cercando di distanziarsi dalle situazioni in cui è profondamente implicato. La scrittura è genuina e coinvolgente.
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