L’amaro sapore della vita: un’analisi di “Mandorla amara” di Maria Rita Sanna

Contrasto e coesistenza: ecco cosa emerge da “Mandorla amara” di Maria Rita Sanna. La purezza e la corruzione, come neve su frutti di mare, sembrano inconciliabili. L’ipocrisia permea le vite di alcuni personaggi, rivelando un’anima contorta che cela una facciata impeccabile. Questi individui, esternamente brillanti e vivaci, nascondono un’interiorità amara, dominata dalla violenza e dalla prepotenza. La loro aggressività, spesso celata, si manifesta con umiliazioni e aggressioni fisiche, svelando una natura crudele e spregevole. L’apparenza inganna: la pulizia esteriore non cancella la profonda corruzione interiore, un fetore che alla fine penetra le difese degli osservatori più distratti. Sono esseri miserabili, inconsapevoli della propria bassezza.
Il romanzo esplora vite segnate dalla sofferenza e dal degrado. Personaggi buoni si scontrano con anime corrotte; alcuni cercano redenzione, altri si arrendono alla propria brutalità. Figure come Marisa, una senzatetto che cerca la purificazione dalla propria colpevolezza, e Lucia, che convive con la durezza, rappresentano due facce della stessa medaglia: l’esperienza del male. Marisa, con la sua sensibilità acuta, riconosce l’amarezza intrinseca negli altri, distinguendo l’autenticità dall’ipocrisia. Entrambe, pur con le loro diverse esperienze di vita, si ritrovano a confrontarsi con la crudeltà, cercando una via di riscatto, un’occasione di purificazione. Nonostante le cicatrici, fisiche ed emotive, una freschezza interiore, una forza di vita indomita, traspare dalle loro azioni.
La scrittura di Sanna è magistrale. Una prosa evocativa trascina il lettore nel cuore della narrazione, rendendolo partecipe delle vicende e delle emozioni dei personaggi. Lo stile è fluido, privo di ridondanze o difetti stilistici, una testimonianza della maturità e della sensibilità artistica dell’autrice. Un’opera toccante e suggestiva, di rara potenza espressiva.