Il Silenzio Eloquente di Sanremo: Un’Analisi del Disagio

Il Silenzio Eloquente di Sanremo: Un’Analisi del Disagio

Gentile Disagio, la tua presenza discreta, ma pervasiva, si è fatta sentire nelle case degli italiani durante il Festival di Sanremo, manifestandosi attraverso un’apparente celebrazione di rinascita, musica eclettica, riflessioni esistenziali, e un’ostentata convivialità. Eri il vero protagonista, anche se la sua consapevolezza è maturata solo alla conclusione di questa settimana musicale, percepita da molti come un trionfo di inclusione e originalità. La collettiva brama di unità, dopo due anni di isolamento pandemico che ha soffocato anche la musica, è stata soddisfatta, o almeno così è parso. Tuttavia, tu, caro Disagio, hai saputo dipingere un vivido ritratto della realtà sottostante. Mai assente dal palco, hai affiancato Amadeus, trasformandolo nell’amico di tutti, un salvatore della musica e degli ascolti record Rai. Sembrava che la discografia stesse per rifiorire! Eppure, solo 8 dei 25 artisti hanno annunciato l’imminente uscita di nuovi lavori (due riedizioni incluse), con gli altri che seguiranno nei mesi successivi, un netto contrasto con il passato, quando il Festival era il lancio principale per i nuovi album dell’anno (album fisici, non solo streaming).

Vorrei confrontarmi con te, caro Disagio, anche sulle scelte stilistiche discutibili di alcuni artisti, o su quelle apparizioni semi-nude sul palco. Sono superficialità o sei tu a trasformare il disagio esistenziale in una tendenza? E che dire del momento in cui Lorena Cesarini ha affrontato il tema del razzismo, contrapponendolo alla libertà come espressione di inclusione? La tua influenza è evidente, ammettilo! L’attrice di “Suburra” non poteva partecipare come professionista, come le altre co-conduttrici? No, tu avevi bisogno di lei per far serpeggiare il disagio, per evidenziare la mancanza di integrazione, per suscitare una risposta emotiva. La sua semplice presenza professionale avrebbe minato la tua opera, rivelando il suo contrario: agio, naturalezza, indifferenza al colore della pelle.

Quest’edizione è stata definita il Festival dell’amicizia, grazie a Amadeus e Jovanotti, con le loro risate, sorrisi e abbracci; un Festival di spontaneità, con tutti, come espresso da Blanco in un’intervista al “Corriere”, felici ed emozionati. Tutti a dimostrare la propria unicità, sacrosanto, ma alcuni look, palesemente studiati per attirare l’attenzione dei media, mi hanno lasciato un po’ perplesso. Il palcoscenico non suscita più soggezione, rispetto: artisti che si sdraiano, si siedono sulle casse, si auto-battezzano, usano parolacce… come a casa loro. Amadeus, un bravo Pippo Baudo 2.0, accoglie tutti come ospiti domestici, con una confidenza plateale, a differenza del distacco professionale eppure attento di un Baudo più austero e misurato. I tempi in cui Sanremo era un evento sacro, da onorare con rispetto e sobrietà, sono finiti. Tu, caro Disagio, hai magistralmente giocato tra l’eccesso e l’accettabile.

Dove non sei riuscito a mascherare la tua presenza è stato con Gianluca Grignani. Lì, senza maschere di gioia e rinascita, hai rivelato il tuo vero volto: quello di chi è perso, spaventato, che lotta per sopravvivere. In mezzo al glamour, al successo, al sorriso dei vip, Grignani ci ha ricordato il dolore, la lotta contro i propri demoni. Molti li nascondono, ma a Grignani hai tolto la maschera, rivelando la tua vera natura. La natura di chi è perso, spaventato, che lotta per sopravvivere. Foto: Alex Fiumara