L’eco del sisma: una recensione de “La cuoca” di Luana Troncanetti

La vita è un grido represso, un’esplosione di emozioni trattenute. Gli eventi inattesi ci travolgono incessantemente, ognuno diverso dal precedente, lasciandoci scossi e disorientati. Possiamo affrontare molte sfide, ma resta un urlo silenzioso, soffocato dal timore delle conseguenze, delle distanze che potrebbero crearsi. Ogni giorno dobbiamo fare i conti con la voce inespressa che ci ricorda i nodi irrisolti del passato, questioni fastidiose e pressanti come un peso insopportabile. Se lasciate a lungo inespresse, queste ferite interiori hanno la forza di un terremoto, devastando i pensieri e lacerando l’anima. L’urlo ha bisogno di sfogo: lacrime, parole, una coscienza finalmente serena che accetti i tormenti, i segreti custoditi nell’ombra per troppo tempo. Rivelare le carte, confessare la verità, liberarsi del peso del silenzio è la chiave per spezzare le catene del non detto, per liberarsi dalla colpa. Riconoscere il peccato, cercare di evitarlo pur sapendo di poter ricadere nell’errore, è parte integrante dell’esperienza umana. Le difficoltà della vita ci portano sempre a qualcosa; sprecare le preziose opportunità di rimettere le cose a posto equivarrebbe a soffocare il grido di aiuto, a un passo falso che porta solo dolore. In “La cuoca – Storia di un terremoto”, Luana Troncanetti cattura le parole, anche quelle silenti, delle sue protagoniste: Nunzia e Clara. Siamo nel 1997. L’Appennino umbro-marchigiano è devastato dal terremoto. Nunzia, un’anziana donna, rimane intrappolata sotto le macerie e si salva grazie all’intervento di un giovane che poi scompare. Convinta di essere prossima alla morte, Nunzia porta il peso di un segreto inconfessabile, un fardello troppo pesante da rivelare persino al prete. Clara, una cardiologa e una figura quasi materna per Nunzia, avrà un ruolo cruciale per evitare un’altra terribile scossa emotiva. Il romanzo è straordinario: una storia commovente, delicata, potente nella sua fragilità. La narrazione è intensa, la prosa carica di emozioni, capace di emozionare profondamente senza mai risultare eccessiva.