“Progen” di Davide Ferrari| RECENSIONE
È difficile fare dietrofront. Tornare indietro non è sempre possibile, soprattutto quando fermarsi diventa un problema perché la vita ha i suoi ritmi. Serrati o lenti che siano, rimani incastrato in qualche intoppo e riprendere la corsa può risultare faticoso. Pensi di essere padrone di te stesso. Sai, però, che è un’illusione che accarezza la triste verità. Farla sembrare qualcosa di diverso significa alimentare un sogno, soffiare sui desideri e inciampare nelle avversità. Più si va avanti e più il tempo ci mette dinanzi a strumenti di conoscenza complicati da gestire. Se usati in modo sbagliato possono creare dei disastri sociali. Superare il limite è questione di attimi. Quando passa l’idea che tutto sia possibile nulla può fermare le menti deboli, sino anche ad arrivare alle catastrofi personali. Sulle voci bellezza, successo, potere, ricchezza, si appunta tutta la costruzione del proprio io. Quello che può venir fuori potrebbe essere falsato, un trucco per restare a galla facendo credere di fare la differenza. L’intelligenza artificiale aiuta e condanna. La misura delle due cose non è uguale e fare un passo indietro, quando in ballo c’è tanto, potrebbe sfiorare la follia. Credersi migliori degli altri sulla base di ciò che l’intelligenza artificiale offre è un limite umano oltre il quale ci si può impantanare dando credito a qualcosa che non può tornare indietro.
In Progen Nascita della resistenza di Davide Ferrari finisci dentro ad una evoluzione umana e genetica. La società è divisa tra chi può permettersi la riprogettazione del DNA e chi, povero, deve farsi potenziare per lavorare. I “potenziati” hanno un’aspettativa di vita breve. Uno di loro ha una forza di volontà fuori dal comune. Ha un obiettivo da raggiungere, un sogno da realizzare, e si impegna per sviluppi eccezionali.
Il romanzo è particolare. La storia, costruita con destrezza linguistica, fa riflettere. Anche se fantasiosa ha degli strascichi talmente attuali che fermarsi ad un’analisi farebbe solo bene.