Un’esclusiva con Mario Venuti: “Ma che freddo fa” e il suo nuovo progetto

Un’esclusiva con Mario Venuti: “Ma che freddo fa” e il suo nuovo progetto

In occasione del lancio della sua coinvolgente versione samba di “Ma che freddo fa”, ho avuto il piacere di intervistare l’artista siciliano Mario Venuti. Venuti ha rimodellato il classico della musica leggera italiana, infondendogli un’atmosfera estiva che, tuttavia, mantiene intatta l’anima del brano originale. Ha, per così dire, rinnovato il vestito a questa canzone, portata al successo da Nada e scritta da Mattone e Migliacci, donandole una veste più sbarazzina, tanto da evocare una giornata estiva trascorsa sulle spiagge di Rio de Janeiro. Il singolo, prodotto da Tony Canto, fa parte di un progetto più ampio: un concept album in cui Venuti reinterpreta canzoni popolari italiane, riscoprendo il 45 giri come oggetto da collezione, un’iniziativa che va oltre la semplice nostalgia, conferendo alla musica una dimensione tangibile. Le quattro copertine dei vinili bianchi, realizzate dall’artista Monica Silva e dal direttore creativo Valerio Fausti, formeranno un’opera d’arte unica, contraddistinta da colori vibranti e decisi; un omaggio a Carmen Miranda e al Tropicalismo. In questo concept album, Venuti si diverte a sperimentare, tornando a esplorare generi musicali che già aveva affrontato in passato, come in “Fortuna”, e che da sempre contraddistinguono il suo stile. Dettagli più specifici emergono dall’intervista che segue.

Ciao Mario, come stai?

Bene, grazie.

Da dove nasce l’idea di rielaborare un brano reso celebre da Nada?

L’idea è legata al progetto nel suo complesso: rivisitare brani italiani molto popolari, evitando volutamente cantautori come De André, Fossati o Tenco. L’obiettivo era nobilitare canzoni che, comunemente, non sono considerate di livello cantautorale, ma che, a mio parere, possiedono una dignità artistica intrinseca. Sono grandi classici, sono rimasti impressi nell’immaginario collettivo e hanno resistito al tempo grazie a una semplicità che cela una profondità notevole. Inoltre, l’idea era di vestire queste melodie italiane con le molteplici ritmiche e armonie brasiliane, una mia grande passione, condivisa anche dal produttore Tony Canto.

Come è nato l’arrangiamento del brano?

Il Brasile offre un’incredibile varietà ritmica – samba, pagode, forrò… – e una ricchezza armonica notevole. Molte canzoni sono state riarmonizzate. La bellezza della musica brasiliana risiede nella sua semplicità quasi primordiale, con le sue radici africane, arcaiche. Ma è anche incredibilmente raffinata dal punto di vista armonico e melodico. Anche i testi dei grandi autori brasiliani sono straordinari. Ci piaceva creare un dialogo, un incontro tra Italia e Brasile. Molte di queste canzoni sono, tra l’altro, molto conosciute in Brasile, dove hanno avuto successo già ai tempi degli interpreti originali.

“Ma che freddo fa”, poi, quando uscì Nada ero piccolo. Nella sua semplicità, le metafore del freddo racchiudono una poesia che è rimasta intatta nel tempo. Gli autori, Mattone e Migliacci, erano grandi professionisti della scrittura. La tradizione insegna molto, cose che forse si sono un po’ perse negli ultimi anni. Non voglio denigrare gli autori contemporanei, ma queste canzoni erano frutto di una maestria nella scrittura e nella comunicazione. La musica leggera deve essere un lampo di genio, ed è questo che rende ancora attuali queste canzoni. Sono entrate nell’immaginario collettivo italiano e non solo.

C’è stata poi la riscoperta di Nada grazie a una fiction televisiva, ma è stata una coincidenza. Anche Paolo Sorrentino ha usato una canzone di Nada in “The Young Pope”, rilanciando involontariamente l’artista, come dimostra il fatto che la canzone fosse conosciuta anche da spettatori provenienti da paesi molto lontani dall’Italia. (“Senza un perché” entrò al secondo posto in classifica a pochi giorni dalla messa in onda).

Tornando a “Ma che freddo fa”, la mia versione samba non era mai stata pensata prima. Secondo me, non ho snaturato il brano: le melodie sono rispettate, la partitura originale è intatta, ma l’arrangiamento è diverso. La vocalità brasiliana è molto pacata, mentre gli italiani tendono a essere più enfatici, a causa della tradizione del melodramma. Io ho mantenuto toni più sommessi, meno retorici, più intimi, come è tipico della musica brasiliana.

Parliamo del progetto nel suo complesso e delle altre canzoni.

Per omaggiare l’epopea del 45 giri, abbiamo deciso di pubblicare i singoli su questo supporto, che un tempo vendeva a milioni. Ho voluto realizzare dei 45 giri che usciranno gradualmente, con le relative B-side, con una grafica curata da Monica Silva, che svela gradualmente il titolo dell’album. Sono tutte copie numerate e autografate. (ride) Sono qui in ufficio ad autografarle! C’è il piacere di possedere un oggetto fisico, bello da vedere, con la sorpresa della B-side, che prosegue il discorso visivo della copertina. Abbiamo voluto dare concretezza a questo progetto in un mondo digitale, dove la musica è “liquida”, quasi “gassosa”, come mi piace definirla!

E come nascono le tue canzoni?

È sempre un mistero! Non c’è un manuale. Con l’esperienza, si impara a valutare meglio il proprio lavoro. Ora ho più istinto, mi lascio andare. Collaboro spesso con Kaballà, che definirei la mia “coscienza maieutica”. Mi aiuta a dare forma alle mie intuizioni, in un vero e proprio brainstorming socratico.

Come è cambiata la tua musica negli anni?

Ho iniziato con i Denovo, poi ho collaborato con grandi artisti come Carmen Consoli. Ora sono in una fase in cui non mi preoccupo più tanto delle mode, anche se apprezzo alcuni artisti, come Di Martino e Colapesce. Seguo la mia strada, senza inseguire tendenze. Ho già idee per un nuovo album di inediti.

Ci sarà un nuovo disco di inediti?

Sì, certo. Anche se non escludo un secondo volume di cover. Molti sottovalutano i dischi di cover, considerati un segno di crisi creativa. Io, invece, ritengo che questo progetto abbia ampliato le mie possibilità espressive. Ho esplorato sfumature della mia voce che prima non avevo utilizzato, grazie all’influenza della musica brasiliana, utilizzando toni bassi e falsetti leggeri, alla maniera di Caetano Veloso.