Parte stasera Venerdì 1 dicembre, in seconda serata alle 23.10 su Rai3, FAR WEB, la docu-inchiesta in quattro puntate condotta da Federico Ruffo sul fenomeno attualissimo dell’hating on line.
In cosa consiste?
Il programma vuole raccontare l’impatto che i social media hanno avuto nel modo di comunicare delle persone, in particolare nell’aver legittimato il linguaggio dell’odio. Oggi, al sicuro dietro lo schermo di un pc, ci si scontra e ci si odia violentemente su tutto: dalla politica alla caccia, dai diritti civili ai vaccini, dallo sport alla religione.

Solo in Italia ogni giorno vengono registrati settemila messaggi di odio. Se poi si parla di giovani, i maggiori fruitori della rete e dei social, si capisce ben presto dai numeri delle statistiche quanto sia contagioso: quattro ragazzi su dieci si rendono protagonisti, attivi o indiretti, di messaggi di odio.

E se il 13% ha insultato un personaggio famoso, nove ragazzi su cento hanno creato un falso profilo per insultarlo in modo anonimo e addirittura sette su dieci giustificano l’hate speech quasi come forma di rivalsa sociale.

Far Web vuole quindi raccontare in modo nuovo la realtà di questi haters, giovani e non, concentrandosi, piuttosto che sugli effetti, già ampiamente indagati in altre sedi, sul punto di vista degli odiatori e sulle cause di questo dilagante fenomeno. Senza giudizi e senza tesi precostituite, Federico Ruffo, giornalista e conduttore di Rai3, è andato a raccogliere le testimonianze di coloro che si rendono protagonisti di comportamenti virtuali violenti, e dai loro racconti è emersa l’inquietante normalità del loro punto di vista. Persone comuni in tutto e per tutto, con famiglie, figli e nipoti, che ad un certo punto decidono di dire la loro, di farsi sentire, pensando che aggredire con un post o con un tweet sia un atto democratico, dovuto, comune. Ma soprattutto, persone convinte di non generare odio. La banalità del male sta avvelenando la rete?  

LA PRIMA PUNTATA.
Il titolo del primo appuntamento di Far Web è In nome del popolo italiano. Federico Ruffo è andato in giro per l’Italia alla ricerca di quanti, mettendoci la faccia o nascondendosi dietro finti profili, rivendicano una sorta di ruolo di giustiziere della società. L’elenco è estremamente variegato: il disoccupato sessantenne che odia visceralmente le istituzioni laiche e religiose; il nonno amorevole che sul web diventa omofobo e razzista; lo studente timido dalla doppia personalità; l’estetista hater che ha letteralmente sbancato con il suo populismo anticasta. E infine il gruppo razzista, al centro di diverse denunce e inchieste. La pagina è stata chiusa sette volte e sempre riaperta, ogni volta con un profilo diverso. Un’occasione per cercare di capire, con l’aiuto di specialisti del settore, il meccanismo per cui i social non sono in grado di arginare in alcun modo gli haters.

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