Il peso inamovibile si cela spesso sotto la superficie, invisibile agli occhi esterni, ma profondamente radicato nell’anima. È un fardello che imprigiona le emozioni, impedendo ai sorrisi di sbocciare, alle parole di fluire liberamente, alla leggerezza di esistere. In questa condizione di sofferenza silente, ci si trasforma in legno, una corazza protettiva contro la vulnerabilità, un rifugio dalla vera natura del nostro essere. Il cuore pulsa, ma i segreti, come intarsi lignei, restano incastonati nel silenzio, soffocati dall’incapacità di esprimere il dolore, la sofferenza che ci opprime. Chi vive immerso in sguardi severi e rigidi, trova difficile condividere le proprie emozioni, temendo di perdere qualcosa o di compromettersi. Il silenzio, lungi dall’allegerire il carico, lo amplifica, lo rende insopportabile. “Io sono di legno”, di Giulia Carcasi, narra la storia di due donne, madre e figlia, Giulia e Mia, unite da un legame fragile, fatto di poche parole e molte incomprensioni. Per colmare la distanza, entrambe trovano rifugio nella scrittura, confidando i propri segreti sulla carta. La madre, leggendo il diario della figlia, sente il bisogno di ristabilire un ordine, di sciogliere i nodi che ostacolano le loro vite. Il silenzio ha un prezzo, come le parole stesse; la verità, summa di tutte le esperienze vissute, non può essere elusa senza vigliaccheria. La sua rivelazione apre una voragine di emozioni. Il romanzo è straordinario. La narrazione è intima e coinvolgente, lo stile evocativo, la prosa delicata e raffinata. La scrittura, originale e potente, si apre come l’alba, accogliendo le emozioni del lettore con profonda sensibilità e delicatezza.
Un legame silenzioso: riflessioni su “Io sono di legno” di Giulia Carcasi

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