Un anno dopo il successo di “Il mio domani”, il talentuoso cantautore milanese Marco Rotelli torna sulla scena musicale con un nuovo singolo, “La Musica è Finita”, disponibile dal 17 novembre su tutte le piattaforme digitali. Questo brano rappresenta un grido potente, una dichiarazione di intenti contro le dinamiche commerciali del settore musicale. Rotelli, classe 1992, sceglie la musica come mezzo espressivo più autentico per esprimere il suo disagio. Per questo nuovo progetto, si affida alla maestria di Larsen Premoli dei RecLab Studios, abbracciando un sound più grezzo e potente, lasciando da parte synth e strumenti artificiali a favore di un’interpretazione più essenziale con chitarra, basso, batteria, pianoforte e violini. Il videoclip, che accompagna il lancio del singolo, visualizza con precisione il messaggio della canzone, anticipando un impatto emotivamente forte. Dopo la firma nel 2014 con la New Music International e successi come “Il mio domani”, “Parlami Cercami”, “Vivi”, “Fermeremo il tempo” (con Deborah Iurato) e “Mille Volte Me”, la collaborazione con la casa discografica si è conclusa nel giugno 2017, aprendo la strada a nuove esperienze musicali. Dopo un periodo di riflessione personale, Rotelli ha trovato la forza di tornare con “La Musica è Finita”. Il brano nasce da un momento di profonda crisi, dopo un’esperienza iniziale entusiasmante, che ha visto i suoi brani in cima alle classifiche e concerti sold out. Il ritorno alla realtà è stato brusco, accompagnato da un calo di popolarità radiofonica e dall’allontanamento di amicizie superficiali. Questa esperienza, però, gli ha permesso di identificare i legami autentici e di comprendere le dinamiche, spesso spietate, dell’industria musicale italiana, dove il profitto sembra prevalere sulla creatività artistica. Rotelli auspica che la canzone diventi virale, raggiungendo un vasto pubblico e sollevando questioni importanti sul ruolo dell’arte nella società italiana, ancora troppo legata a vecchi schemi che sminuiscono il valore della cultura. Un progetto all’estero, nato da un incontro casuale in Andalusia con il cantante spagnolo David Neria, vede la luce con un duetto, previsto per dicembre/gennaio, inizialmente nel mercato spagnolo, poi, eventualmente, in Italia. Secondo l’esperienza di Rotelli, il panorama musicale spagnolo offre una maggiore libertà espressiva e un apprezzamento più genuino per la musica in sé. L’augurio dell’artista è che anche il mercato italiano possa ritrovare questo spirito autentico. “La Musica è Finita” segna un nuovo inizio, un invito a riflettere e un appello per un cambiamento.
Categoria: INEDITO
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Paola Pelegalli: Un’icona della radio italiana e le sue scelte di vita
Paola Pelegalli è una figura di spicco nel panorama radiofonico italiano. La sua carriera, segnata da collaborazioni con le più importanti emittenti nazionali, ha inizio grazie a un incontro fortuito: Jovanotti, ascoltando una sua demo, la consiglia a Claudio Cecchetto, che la sceglie immediatamente. Sebbene le siano state offerte opportunità televisive, Paola ha sempre preferito la radio, trovando piena realizzazione professionale senza mai rinunciare alla sua vita familiare. Oggi, oltre ad essere una voce nota di Radio Italia e di numerosi spot pubblicitari, Paola ricorda con gratitudine il suo esordio, definendolo un’esperienza che sembra appartenere ad un’altra vita, ma che le ha lasciato un profondo senso di riconoscenza verso i due personaggi che hanno contribuito a lanciare la sua carriera. In un settore in continua evoluzione, dove le visualizzazioni sui social media sembrano a volte prevalere sulla qualità della voce, Paola ribadisce l’importanza della personalità, elemento fondamentale per un intrattenitore di successo. La sua esperienza in diverse emittenti radiofoniche, con una programmazione musicale prevalentemente italiana ed internazionale, culmina con l’approdo a Radio Italia, dove si sente appagata e non sente la mancanza della musica straniera. L’abbandono di Radio Deejay, spesso oggetto di speculazioni, è stato, a suo dire, una scelta dettata da una proposta di lavoro molto vantaggiosa. Un’esperienza che conserva nel cuore, mantenendo un profondo affetto per il suo ex capo e per i suoi ex colleghi. Paola ritiene che il mondo radiofonico sia più meritocratico di quello televisivo, mai avendo subito o assistito ad ingiustizie. Ricorda con piacere l’incontro, avvenuto anni fa, con un giovane aspirante speaker che, incoraggiato da Paola, ha poi intrapreso con successo la sua carriera radiofonica. Oggi, secondo Paola, entrare nel mondo radiofonico richiede competenze specifiche, determinazione e pazienza. Nonostante il suo successo, Paola confessa il desiderio di intervistare più spesso artisti musicali. La televisione, invece, non è mai stata il suo ambito, non riuscendo a sentirsi a suo agio in quel contesto. Tra i tanti colleghi conosciuti, ricorda con particolare affetto Luciana Littizzetto, mentre non ricorda esperienze negative. Oltre alla radio, Paola si dedica al doppiaggio di spot televisivi, alla conduzione di eventi e, con un tocco di ironia, al ruolo di mamma e rappresentante di classe. Infine, rispondendo alla classica domanda sul futuro professionale, Paola ricorda la risposta che dava ai giovani che le chiedevano: “E poi cosa fai?”, “Se non me lo chiede nemmeno mia madre!”. Chiude con un appello: “Abolire le chat di Whatsapp!”.
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Anastacia: Una Voce Potente, una Vita Straordinaria
In attesa di ammirarla domenica 12 novembre su Rai 1, a “Che Tempo Che Fa”, e il 18 novembre nel programma “Prodigi”, sempre su Rai 1, vi presentiamo uno speciale su Anastacia, pubblicato sul secondo numero di M Social Magazine. Realizzato in collaborazione con i due fan club italiani e scritto da Carlotta D’Agostino e Luana Grandi, che hanno contribuito con immagini inedite, questo approfondimento celebra una straordinaria carriera. Definita “la piccola donna bianca con la voce da nera,” Anastacia è un’icona della musica internazionale degli ultimi quindici anni, con circa 85 milioni di dischi venduti e 226 riconoscimenti tra dischi d’oro e di platino. Ha riscosso un enorme successo in Europa, Asia, Oceania, Sud America e Africa, mentre il suo impatto negli Stati Uniti, il suo paese d’origine (Chicago), è stato minore rispetto alle aspettative. Questo speciale, arricchito dal contributo dei suoi fan club italiani – L’Anastacia Fanclub Italia e l’Anastacia Ankh&Wings Fanclub – ripercorre i momenti chiave della sua vita e della sua carriera, svelando retroscena e immagini esclusive. La sua prima apparizione televisiva risale al 1999, con la vittoria in un talent show americano, “MTV The Cut”. La sua voce, sorprendente, potente e calda, ha incantato persino Elton John e Michael Jackson, che le telefonò per complimentarsi quella stessa sera. La sua carriera musicale decolla nel 2000 con l’album “Not That Kind,” che la proietta nell’olimpo delle classifiche globali, grazie ai singoli “I’m Outta Love” e “Not That Kind”. Nel 2002 pubblica “Freak of Nature,” contenente hit come “Paid My Dues,” “One Day in Your Life” e “Why’d You Lie to Me,” e viene scelta per cantare la sigla “Boom” all’apertura dei Mondiali di calcio in Corea del Sud e Giappone. Nel 2003, la diagnosi di cancro al seno sinistro sconvolge la sua vita e la costringe a un periodo di lontananza dalle scene. Anastacia ha sempre condiviso la sua esperienza per sensibilizzare le donne sull’importanza della prevenzione, fondando anche un’associazione a suo nome, “The Anastacia Fund”. Nonostante la malattia, registra la colonna sonora del film “Chicago,” “Love Is a Crime,” girandone il video appena una settimana prima del delicato intervento chirurgico durato oltre sette ore. Il video, per rispetto alla sua situazione, non fu mai pubblicato. La chemioterapia indebolisce le sue corde vocali, ma la sua forza di volontà e la sua determinazione la spingono a trasferirsi a Los Angeles nel settembre del 2003 per iniziare a lavorare al suo terzo album, semplicemente intitolato “Anastacia,” probabilmente il suo lavoro più significativo. Questo disco, uscito nel 2004, include brani ispirati alla sua battaglia contro il cancro (“Where Do I Belong” e “Heavy on My Heart”), e successi come “Left Outside Alone,” “Sick and Tired” e “Welcome to My Truth”. L’album raggiunge la vetta delle classifiche globali vendendo 6 milioni di copie nei primi nove mesi, imponendo un nuovo stile musicale, da lei definito “Sprock,” un mix di soul, pop e rock. “Left Outside Alone” domina le classifiche per quindici settimane e oltre. Nel giugno 2004, i suoi brani sono i più venduti nella prima settimana di attività di iTunes, e a settembre inizia il “Live at Last Tour,” che si protrae fino all’agosto 2005, con oltre 800.000 biglietti venduti in Europa. A novembre 2004 pubblica “Pieces of a Dream,” una raccolta dei suoi successi e quattro inediti, tra cui un duetto con Eros Ramazzotti (“I Belong to You”) e uno con Ben Moody (“Everything Burns”). Nel 2007, scopre di soffrire di tachicardia sopraventricolare, ma sceglie di gestire la condizione senza interventi chirurgici. Nello stesso anno sposa Wayne Newton, sua guardia del corpo, dal quale divorzia nel 2010. Il suo album del 2008, “Heavy Rotation,” nonostante vendite modeste, ottiene il decimo posto nella classifica di Billboard dei migliori album dell’anno. Nel 2009, duetta con i Ben’s Brother in “Stalemate” e partecipa al musical “Here Come the Girls” con Lulu e Chaka Khan. Anastacia continua a collaborare con altri artisti, incidendo “Safety” con Dima Bilan e “Burning Star” con Natalia. Nel 2012, firma con la BMG e pubblica “It’s a Man’s World,” un album di cover rock maschili. Un secondo tumore al seno, questa volta al seno destro, la costringe a interrompere il tour promozionale nel 2013, ma si sottopone ad una mastectomia di dieci ore e dopo una lunga riabilitazione, vince la battaglia ancora una volta. Nel 2014, pubblica “Resurrection,” un album introspettivo e maturo, seguito da un lungo tour europeo. Segue una raccolta dei suoi maggiori successi, “Ultimate Collection,” e un tour mondiale. Anastacia mantiene un forte legame con i suoi fan attraverso i social media e una sua app, “Anastacia,” dove interagisce costantemente con la sua “Fanily,” e lancia iniziative come l’#AskAnastacia. La sua determinazione, la sua forza interiore, e la sua straordinaria voce hanno segnato un’indimenticabile carriera.
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Manuel Frattin: Un Robin Hood per i Tempi Moderni
Chi non conosce la leggenda di Robin Hood, il coraggioso bandito che sottraeva ai ricchi per soccorrere i poveri? Nove anni dopo la sua precedente interpretazione, Manuel Frattini torna a vestire i panni dell’eroe in un nuovo musical diretto da Mauro Simone. Lo spettacolo, debuttato di recente, viaggerà per l’Italia fino all’inizio della primavera, portando sul palco una storia rinnovata nella drammaturgia, scenografia, costumi e coreografie. Accanto a Frattini, nel ruolo di Lady Marian, brilla Fatima Trotta, amata dal pubblico televisivo, completando un cast corale di talento. Oltre a Maurizio Semeraro (Fra Tuck), Gabriele Foschi (Principe Giovanni), Andrea Verzicco (Sir Snake), Federica Celio (Lady Belt) e Giulio Benvenuti (Little John), undici altri artisti arricchiscono la compagnia: Elena Barani, Arianna Bertelli, Paolo Ciferri, Federico Colonnelli, Gianmarco Gallo, Luca Laconi, Pierluigi Lima, Martina Maiorino, Pietro Mattarelli, Silvia Riccò e Lucrezia Stopponi. “Sul palco mi diverto moltissimo”, afferma Frattini in un’intervista telefonica, “e credo che questa sia la vera chiave del successo. Non ho mai trovato un ruolo difficile; amo mettermi alla prova e non dare nulla per scontato. L’unione del gruppo, la concentrazione e la complicità sono fondamentali.” Parlando della sua collega Fatima Trotta, Frattini la descrive come “una donna incredibilmente determinata e responsabile; sono stato fortunato a conoscerla”. Interpretare nuovamente Robin Hood è stato come “riabbracciare un vecchio amico”, un personaggio rivisitato con la maturità degli anni, ma mantenendo la spensieratezza originale, ideale sia per un pubblico adulto che per i più giovani. L’attore ricorda con affetto la sua esperienza con il musical “Pinocchio” del 2003, prodotto dalla Compagnia della Rancia insieme ai Pooh, un’esperienza che ha segnato la sua carriera e lo ha avvicinato alla collaborazione con Stefano D’Orazio. Frattini condivide il suo entusiasmo per la rinnovata collaborazione con D’Orazio, dopo lo scioglimento dei Pooh e il successivo tour di reunion. Riguardo ai suoi ruoli preferiti, Frattini rivela un’inaspettata predilezione per “Pinocchio”, un personaggio che ha imparato ad apprezzare solo con il tempo. Nella sua vita privata, l’attore si descrive come un amante della tranquillità domestica, trascorrendo il tempo libero nella sua casa di campagna leggendo thriller. Sebbene ami gli animali, in particolare i cani, la sua vita itinerante lo impedisce di averne uno. Confessa una spiccata incapacità in cucina, mitigata dall’utilizzo del Bimby, apprezzando il cibo soprattutto durante le cene conviviali dopo gli spettacoli. Per quanto riguarda la musica, Frattini dimostra un gusto eclettico, prediligendo la varietà e apprezzando artisti come Lady Gaga e Beyoncé. Infine, l’attore esprime il suo apprezzamento per l’interpretazione di Francesca Taverni in “Next To Normal” al Teatro della Luna di Milano.
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Giancarlo Cattaneo: Due Decenni di Radio, Parole Note e Sogni Realizzati
Spesso sento dire che per la radio non serve più una bella voce. Anche io, a volte, ho nutrito questo dubbio, ma poi ascolto alcuni speaker che mi smentiscono clamorosamente. Non parlo di quella voce impostata, tipica degli anni ’80 o dei trailer cinematografici catastrofici, ma di qualcosa di fresco, contemporaneo e, soprattutto, “sorridente”. Giancarlo Cattaneo incarna perfettamente questa idea. Un vero enfant prodige radiofonico, uno speaker che sembra sfidare il tempo, con la sua aria da eterno ragazzo del sud. Oggi Giancarlo coltiva le sue ambizioni con “Parole Note”, conduce su Radio Capital e condivide con noi il suo percorso radiofonico ventennale. Ricordo Giancarlo come un giovane speaker con tutte le qualità per brillare a Radio Deejay. La vita, però, lo ha guidato altrove. Gli avrei chiesto se rimpiange di non aver avuto più tempo per dimostrare il suo talento lì. “Certo, mi sarebbe piaciuto – risponde – ma la vita è imprevedibile. Ci sono arrivato, anche se in modo indiretto (sette anni di ‘Ciao belli’, ndr).” Il suo sogno era sempre stato Radio Deejay; ci è andato vicino più volte: dal contest “Dj ti vuole”, all’incontro con Linus, fino all’SMS del direttore nel 2007: “Mi serve un DJ motivato, ti interessa?”. Pensò subito a Radio Deejay, ma poi seppe che si trattava di Radio Capital. Da allora è lì. Quando la radio è passata da sogno a professione? Sono stati tanti momenti, durante la gavetta, che mi hanno fatto sperare, rappresentando tappe importanti affrontate con passione. Il salto decisivo è arrivato nel 2001, quando Gigio d’Ambrosio, direttore artistico di One o One, lo contattò: “Dal 21 luglio sei in onda, organizzati”. Da anni porta avanti “Parole Note”. Ce lo spiega: “Parolenote cerca di dare voce alle parole: un progetto con Maurizio Rossato (regista di Fabio Volo) che crea un nuovo dialogo tra musica e poesia, usando testi di grandi autori (Neruda, Salinas, Bukowski…) in radio e dal vivo. È un grande cinema poetico”. Nonostante la crisi, il progetto ha tanti sostenitori, e le richieste per i loro concerti sono numerose: 48 nel 2017. Ha dei rimpianti? “No, onestamente. Ci sono stati momenti meno fortunati, persone e situazioni non sempre allineate alle mie idee, ma fa parte del gioco”. E quanti personaggi poco preparati ci sono nelle radio nazionali? “Non sta a me giudicarlo, anche perché mi metterei in cima alla lista! Il problema è spesso ‘dietro le quinte’: mancano figure competenti in ruoli cruciali di gestione, spesso senza capacità di leadership”. La sua voce è invidiabile. Gli è servita per conquistare le ragazze? “Ah ah ah… parecchio, ma credo di averla usata con giudizio”. Con carta bianca, cosa farebbe? “Continuare così, dando più spazio a progetti come Parolenote, osando sempre di più”. La radio negli ultimi vent’anni è migliorata o peggiorata? “Cresce con noi, è una costola. È peggiorata per l’omologazione, il livellamento verso il basso, la poca attenzione alla diversificazione e troppa all’audience. La ‘torta’ è quella, e tutti potremmo mangiarne una fetta”. E cosa risponde a chi pensa che guadagnino cifre esorbitanti? “Potrei mostrare la mia dichiarazione dei redditi! Arrivo alle 7 e spesso esco alle 18. La radio è fatta di caffè nei corridoi, di scambi creativi, di chiacchiere con chi la vive o la visita”. Quando da giovane consigliava questo lavoro e gli rispondevano “E poi cosa fai?”, cosa provava? “Enorme frustrazione, poi grande soddisfazione. È considerato un gioco, ma ci dà da vivere ed è un vero mestiere. Artigiani della parola… non siamo tanti, un motivo ci sarà, anche se non bisogna prendersi troppo sul serio. Altrimenti si resta schiavi di una bella voce”. Un saluto finale? “Un detto napoletano: ‘Dicette o pappice vicino a’ noce, ramm’ o tiemp’ ca te spertose’ (Disse il pazzo vicino alla noce, aspetta il tempo che si spacchi).”
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Felipe C: Un Maestro delle Consolle che Reinventa la Musica da Ballo
Scordatevi l’EDM e le sonorità fredde di certi club. Felipe C è il DJ che porta l’estate con sé, un’ondata di energia e allegria contagiosa. La sua fisicità imponente si unisce a un sound inconfondibile, un ritmo che evoca spiagge assolate e il desiderio irrefrenabile di ballare, soprattutto per le donne, le vere regine della pista. Produttore di melodie baleariche e artista eclettico, Felipe C si distingue nettamente dalla massa di imitatori. Un autentico innovatore della consolle. La sua popolarità è indiscutibile. Ma nelle serate, è più importante saper produrre dischi o avere una rete di conoscenze facoltose? “Fortunatamente, produrre dischi è ancora fondamentale per il mio lavoro. Le mie serate di successo lo dimostrano! Se poi qualche amico o fan mi offre un drink, è un piacere condiviso, anche per il locale stesso.” Come gestisce i direttori artistici poco competenti? “Cerco un approccio diplomatico, li metto a loro agio, cercando di indirizzarli verso scelte migliori con garbo e razionalità. Per fortuna, una collaboratrice gestisce gran parte di questi aspetti.” Ha ammesso pubblicamente su i social il fallimento di un suo disco. Strategia di marketing o sincera autoironia? “Autoironia, direi. Mi piace evidenziare un aspetto che molti produttori nascondono: l’insuccesso. Perché non condividere anche le sconfitte? Magari diventa virale!” Quanta incompetenza vede nel panorama dei DJ italiani? “Direi un 30%, forse anche di più. Ma vedo anche tanti giovani che si impegnano, che non hanno la presunzione di superare chi ha più esperienza. Quel 30% però dovrebbe smetterla di infettare il settore.” Il vocalist, alleato o nemico del DJ? “Un buon vocalist è un vero valore aggiunto, un supporto psicologico che crea un’atmosfera magica. Uno scadente invece rovina l’esperienza.” Se le discoteche italiane chiudessero domani? “Continuerei a fare il DJ all’estero!” Tre DJ bravi ma poco conosciuti, e tre su cui non avrebbe scommesso inizialmente? “Gigi De Martino è un talento incredibile, Paolo M ha uno stile che adoro, e Giacomo Alonzi, un amico virtuale con cui collaboravo anni fa, crea brani straordinari. Sui DJ su cui non avrei scommesso? Nessuno. Credo nel successo altrui.” Esperienze da evitare? “I beach party a 40 gradi! Sono stato male diverse volte. Per il resto, sono soddisfatto delle mie collaborazioni, anche quelle con artisti di grande successo come Vasco Rossi, Alexandra Stan e Fly Project. È stato impegnativo, ma ne è valsa la pena!” Ha ancora senso avere un agente? “Sì, per la parte burocratica e di immagine, ma spesso preferisco gestire le cose personalmente.” Il suo lavoro lo ha reso attraente alle donne? “Non è un lavoro ‘figo’, ma uno stile di vita. Ho ricevuto complimenti, ma non ho mai approfittato della situazione.” La frase “Faccio il DJ” spesso porta alla domanda “E poi cosa fai?”. La sua risposta? “Pensavo che non capissero che è un vero mestiere, ma ora la mentalità è cambiata.” Un saluto finale? “Basta con le gianlucavaccate!!!”
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Sergio Mauri: Un’Ascesa nel Mondo della Musica Elettronica
Un collega, stimato produttore e DJ, mi ha confidato che Sergio Mauri è un artista che si distingue in consolle. Apprezzo molto il suo giudizio, non essendo incline a elargire facilmente complimenti. Pur non avendolo visto esibirsi dal vivo ultimamente, ho seguito la sua evoluzione professionale: il numero crescente di impegni, le produzioni e la popolarità sui social network testimoniano il suo successo. È un esempio di artista che, con impegno e dedizione, ha conquistato un meritato riconoscimento. Un plauso a questi rari professionisti seriali che perseguono con tenacia i propri sogni.
Collegh hanno sottolineato la tua abilità in consolle. Credi che la capacità di intrattenere senza eccessivi ausili tecnologici sia ancora un valore aggiunto, oppure è più importante avere una cospicua rete di contatti? La tua domanda è illuminante. In un panorama musicale sempre più dominato dalla tecnologia, che uniforma le esperienze, l’elemento distintivo, il vero valore aggiunto, è l’aspetto umano: la capacità di coinvolgere, di catturare l’attenzione del pubblico, di far ballare. La tecnica è importante, ma se la musica non emoziona, nessun software può salvarti.
Come gestisci i rapporti con gli art director? Cerco un dialogo costruttivo per comprendere le loro scelte artistiche. Se invece si rivela una collaborazione impossibile, preferisco evitare di compromettere il mio lavoro.
La scena musicale italiana è ancora all’altezza delle produzioni internazionali di un tempo? Perché persiste questa rivalità? Esistono ancora produttori italiani di talento apprezzati a livello internazionale. Ricevo quotidianamente demo per la mia etichetta, Spire Recordings, e alcune sono davvero eccezionali. Molti colleghi ottengono grandi successi all’estero. Anche io ho ottenuto soddisfazioni con licenze e supporto da artisti internazionali. Purtroppo, in Italia persiste una competizione sterile, una “guerra tra poveri”, a differenza della collaborazione proficua che si osserva in Paesi come l’Olanda. Collaborazioni con artisti internazionali come Dimitri Vegas & Like Mike (con cui ho realizzato “Voyager”) o W&W confermano questa differenza di approccio.
Qual è la percentuale di DJ improvvisati nei club italiani? Quanti “scapaccioni” vorresti dare ai giovani presuntuosi? Anni fa avrei stimato il 40% di incapaci, ma ora, grazie al progresso tecnologico, alla maggiore preparazione dei giovani DJ e alla mia esperienza nei migliori club italiani, vedo sempre meno dilettanti.
Un vocalist arricchisce l’esibizione di un DJ o la compromette? Dipende dal vocalist. Alcuni sanno rispettare i tempi, interagire col pubblico e conoscere la musica. Altri, purtroppo, parlano sopra le canzoni.
La paternità ha modificato la tua vita professionale? La paternità è un privilegio e una responsabilità. Richiede maggiore presenza in famiglia. Personalmente ho trovato un equilibrio, e ironicamente, le mie serate sono addirittura triplicate negli ultimi due anni.
Nomina tre DJ bravi ma poco conosciuti e tre su cui avresti scommesso poco e ti sei ricreduto. Conosco molti DJ “non bravi” che giustamente non hanno successo. Se si ha talento, prima o poi emerge. Tra quelli su cui inizialmente non avrei scommesso, ci sono Merk & Kremont (nel 2012/2013) e Lush & Simon.
Quali esperienze non rifaresti? Eviterei collaborazioni con etichette che promettono supporto ma non mantengono le promesse. Per questo ho fondato la mia etichetta, collaborando solo con professionisti seri. Ho ottenuto maggiori soddisfazioni economiche con la mia label che con altre più grandi. Ho anche avuto brutte esperienze con DJ che hanno cercato di minare i miei rapporti con altri professionisti, ma queste situazioni sono state gestite.
Ha ancora senso avere un agente? A livello internazionale, per chi riceve molte richieste, sì. A livelli intermedi o bassi, è spesso controproducente. Molti colleghi hanno abbandonato gli agenti per tornare a lavorare in autonomia.
Quante donne ti hanno corteggiato per il tuo lavoro? Spero che abbiano apprezzato prima la mia persona, poi il mio lavoro. All’inizio ho forse giocato un po’ su questo aspetto, ma con il tempo ho smesso.
Cosa rispondevi a chi ti chiedeva “Fai il DJ? E poi cosa fai?” All’inizio rispondevo con sarcasmo. Poi ho iniziato a specificare che sono anche produttore, remixer ed editore discografico.
Un saluto agli amici di M Social Magazine e… W la Fiat!
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Marco Biondi: Un’icona della radio italiana si rilancia con una nuova sfida
Ricordo l’infanzia, immerso nella mia cameretta, a navigare tra le onde radio, alla ricerca dei miei programmi preferiti. Marco Biondi è stato un pioniere della radio italiana, contribuendo a renderla popolare e di grande impatto. Oggi, dopo quattro decadi di carriera, costellata da interviste a leggende come David Bowie, George Michael, Bruce Springsteen e Robert Smith, torna sulla scena musicale con un progetto innovativo. Si chiama “Pop News TV”, un programma in brevi puntate visibile su trenta canali televisivi del digitale terrestre e online. La radio è cambiata, ma Biondi, dopo quarant’anni, rimane un punto di riferimento. Mi aspetto di rivederlo presto alla guida di una stazione radiofonica, circondato da una squadra di professionisti altrettanto validi. Complimenti per “Pop News TV”! Credo che i giovani siano ancora interessati alla musica, ma spesso non sanno dove trovare informazioni affidabili. In un’epoca di sovrabbondanza informativa, spesso contraddittoria, la sfida è saper distinguere le fonti credibili da quelle inaffidabili. “Pop News TV” si propone come un’oasi di informazione musicale accurata, senza presunzione né arroganza. La mia osservazione sul post riguardo all’arrivo di Antonello Piroso a Virgin Radio, con il commento “non la riconosco più”, non era una critica nei suoi confronti, ma semplicemente una riflessione sulla trasformazione della radio che ha segnato la mia carriera. Virgin Radio è cambiata e io, sinceramente, non la ascolto più. Non metto in dubbio che la nuova conduzione possa ottenere grandi ascolti; anzi, glielo auguro. Semplicemente, la mia Virgin Radio era diversa, focalizzata sulla musica e su contenuti di qualità, con interventi mirati di esperti del settore. Il futuro della radio? Durerà ancora, ma il cambiamento è in atto. L’Italia è un paese con una lenta propensione all’innovazione, ma il futuro si prospetta digitale, al di là della FM, con la radio fruibile tramite app. L’ascolto radiofonico in Italia è spesso legato all’abitudine; quando la scelta diventerà più capillare e diffusa, ci saranno inevitabili ripercussioni sugli ascolti. La scelta di puntare su web star senza adeguata preparazione radiofonica riflette, a mio parere, un approccio un po’ anacronistico alla gestione dei media. Web, radio e televisione sono mezzi diversi che, se integrati opportunamente, possono essere complementari, ma non intercambiabili. Se dovessi dirigere un network radiofonico, la mia priorità sarebbe quella di creare un ambiente sereno e collaborativo, evitando cambiamenti repentini e destabilizzanti. Ho una squadra di professionisti pronta ad affrontare nuove sfide, ma i nomi li tengo per me. In trenta secondi, convincerei qualcuno a guardare “Pop News TV” sottolineando la sua brevità, chiarezza e accessibilità tramite vari canali televisivi, online e sul cellulare. La radio italiana soffre di una preoccupante carenza di contenuti e preparazione da parte di alcuni speaker, spesso dovuta alle pressioni degli editori. Tra i grandi nomi del panorama radiofonico, nutro un profondo rispetto per personaggi come Cecchetto, Linus, Hazan, Alessandro Milan e Enrico Ruggeri. L’evoluzione di Radio 105 con l’arrivo di Mediaset è evidente: l’inserimento di personaggi televisivi ha portato a un cambiamento che, per quanto non del tutto negativo, mi lascia un po’ malinconico. Non ho mai avuto problemi significativi con gli artisti che ho intervistato, al massimo qualche difficoltà con i personaggi meno esperti o eccessivamente sicuri di sé. Se mi si presentasse l’occasione, sarei interessato a condurre un programma radiofonico che fosse in linea con le mie competenze e la mia visione artistica. Da giovane, la frase “E poi cosa fai?” in risposta al mio dire di essere un DJ mi irritava profondamente, ma oggi sorrido pensando a come queste stesse persone si mostrino amichevoli e cordiali. Non nutro rancore per nessuno, ma ammetto di essere rimasto deluso dalla scomparsa di quasi tutte le persone con cui ho lavorato negli ultimi dieci anni. Ma forse è stata una mia sopravvalutazione. Ecco il mio saluto personale. Amerigo Provenzano: un DJ con oltre quindici anni di esperienza!
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Amerigo Provenzano: Un’icona della musica dance italiana
Amerigo Provenzano: un nome evocativo, che richiama alla mente esplorazioni e trionfi duraturi. Protagonista di questa settimana, questo veterano di m2o, radio dance del gruppo Espresso, celebra quindici anni di instancabile dedizione. Provenzano, figura chiave di m2o, ha costruito la sua solida reputazione lavorando con importanti network e nelle più prestigiose consolle italiane, senza mai trascurare le sue produzioni musicali, apprezzate in tutta Europa dai maggiori esponenti della club culture. Ha collaborato con numerosi produttori di fama internazionale, tra cui Federico Scavo, Axwell & Ingrosso e Fedde Le Grand, e ha condiviso la consolle del programma “Music Zone” – tra i più innovativi nel panorama radiofonico italiano – persino con Bob Sinclar. Pur apprezzando il respiro internazionale della sua carriera, Provenzano mantiene un forte legame con l’Italia, paese che gli ha regalato successo e notorietà per oltre due decenni. La sua schiettezza, in un ambiente talvolta incline all’ipocrisia, potrebbe essere percepita come un difetto; in realtà, la sua integrità è un pregio raro e prezioso, che gli permette di accedere ai circuiti più esclusivi senza compromessi. Come è cambiato il suo approccio alle serate nel corso degli anni? Certo, l’aspetto social media richiede una preparazione diversa, ma l’entusiasmo per la musica e il desiderio di regalare momenti indimenticabili al pubblico restano immutati, anche se la fatica è aumentata. Ha mai pensato di abbandonare la musica? Più volte ha valutato l’idea di rinunciare ai sacrifici in un settore dominato dal marketing, dove il talento è spesso messo in secondo piano; eppure, la passione per la musica lo ha sempre spinto a perseverare. Tra Claudio Coccoluto e David Guetta, si sente più vicino a quest’ultimo, che ha saputo cogliere e sfruttare l’evoluzione del settore, trasformandolo in qualcosa di nuovo. Provenzano non ha mai avuto idoli specifici, non è stato un fan che ha poi intrapreso la carriera di artista. Ha mai avuto scontri con colleghi? Pur essendo una persona generalmente calma, ammette di essere stato vicino a qualche alterco per questioni di rispetto. La mancanza di un ex collega di m2o? Ricorda tutti con affetto, riconoscendo il valore di ogni esperienza condivisa. Se m2o cambiasse radicalmente, si adatterebbe o se ne andrebbe? In quindici anni la radio si è evoluta, ma lui ha sempre saputo cavalcare il cambiamento, proponendo nuove idee; pertanto, continuerebbe a contribuire alla sua crescita. E’ orgoglioso di essere un dj tradizionale, che si esibisce con il proprio vocalist, senza eccessivi effetti speciali, come evidenziato in un suo post su Facebook. Se alcuni aspetti del mondo dei festival lo lasciano perplesso, crede comunque che non tutto debba essere scartato. Il successo di “Music Zone”? La formula vincente è la combinazione di musica, dj e rap, con l’integrazione dei social media tramite le dirette Facebook. L’autobuy ha ucciso il mercato discografico? E’ solo una strategia di marketing, che in molti casi è stata portata all’eccesso. Fare un successo paga ancora, quindi la produzione musicale rimane vantaggiosa. Ha mai incontrato colleghi di cui non ha apprezzato le capacità? Durante la sua carriera ha incontrato persone che non godevano della sua piena stima. Infine, la reazione alla classica domanda “E poi cosa fai?”, rivolta ai dj? Provenzano, con la sua esperienza radiofonica, ha sempre avuto una solida professionalità riconosciuta, superando i pregiudizi legati alla professione artistica. Il suo ultimo sfogo? Non ha segreti da svelare: invita tutti a inseguire i propri sogni, senza dare peso alle critiche altrui.
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Diego Dalla Palma’s Revolutionary Blog: Diegoxte—An Interview
The renowned beauty expert Diego Dalla Palma has transcended conventional standards, infusing his profession with artistry and achieving global recognition. A celebrated icon in television, fashion, and theatre, he uniquely blends professionalism with a captivating persona—a blend of poetry, playful eccentricity, sharp wit, profound sensitivity, and a touch of wistful melancholy. A brief conversation reveals a man who shuns banality. This distinctive character is reflected in his blog, “Diegoxte,” which he describes as an unconventional online forum—a platform for exchanging advice and fostering discussions free from undue influence. He eschews the term “influencer” for his collaborators, preferring “non-influencers,” explaining that their goal isn’t to promote products but to inspire, offering creative input and celebrating individual beauty without sacrificing personal identity. This counters the widespread trend toward conformity. This core team is comprised of exceptionally talented young individuals (aged 17 to 32) who will create video content alongside explanatory texts. Selected from hundreds of applicants, their unconventional, artistic, and imaginative perspectives on beauty, coupled with their compelling personal narratives, resonated deeply with Dalla Palma. He humorously notes: “They’re as mad as I am!” The team includes Julian Cerro (17), a cutting-edge fashion designer; make-up artists Martina Bacoccoli (22), Michelle Cudicio (23), and Alessandra Dini (32); Lady B—Roberto Gilardoni (22), a make-up artist and drag queen; hair stylists Ovidio Fiorucci (17) and Vittorio Puppi; and Eleonora Sabet (21), a creative, self-taught photographer whose work has appeared in both print and online publications. Dalla Palma himself contributes a column titled “Spunti e sputi” (“Insights and Spit”), offering his unique perspective on beauty, interspersed with humorous video commentary on current events and social issues. While his career has been richly rewarding, his current aspirations involve travel—a pursuit often curtailed by his demanding professional schedule. When asked about his definition of beauty, he simply states, “Beauty is rarity.” Considering the prevalence of commercially driven blogs and influencer culture, he acknowledges the potentially controversial nature of Diegoxte but simply declares, “I’m poetically incorrect!” This statement encapsulates the essence of Diego Dalla Palma: a slightly mad, humorous, and profoundly inspiring individual whose work is a vibrant spectacle of beauty.