Chef Rubio illustra il suo “menù”: dalle curiosità personali alla nuova stagione di “Camionisti in trattoria”
Il noto cuoco anticonformista si racconta rispondendo con estrema spontaneità ai vari quesiti. In questa intervista non mancano delle rivelazioni inedite sulla terza serie del suo programma, da marzo 2019 in onda sul Nove
- «Ciao Gabriele, posso partire con una domanda ca****a?», esordisco così per rompere il ghiaccio al telefono con lui che non si tira indietro (la seguente risposta deve essere letta rigorosamente con cadenza romana): «Ciao Fede, vai come te pare». Scoprite com’è andata avanti la conversazione.
Chef Rubio mangia tanto tutto l’anno oppure solo durante i suoi programmi si sfonda e poi segue un regime alimentare bilanciato?
«Allora, mangio sicuramente con più attenzione al di fuori del set ma solo perché sto invecchiando
(ride, ndr)… fino a qualche mese fa non facevo neanche attenzione. Per gli sforzi fatti nelle serie mi sono dovuto un attimino regolare, quindi cerco di mangiare non diminuendo le quantità ma cambiando il tipo di alimentazione: mangio molta frutta, tanta verdura e parecchi cereali fuori dal regime da set mentre quando mi devo sfondare… mi sfondo! È tosta, non è semplice: durante le riprese la fame finisce leggermente prima, poi per esigenze di copione si continua a mangiare».
Quali sono le tue aspettative sulle pietanze nella vita di tutti i giorni? Sei critico nei confronti di un amico/parente che ti invita a casa sua?
«Assolutamente no, non sono critico nemmeno quando mi chiamano a fare il giudice in una competizione. Se posso dire qualcosa di costruttivo per chi me lo chiede sicuramente ho il piacere di dire la mia, altrimenti non dico niente… non è che per forza bisogna sempre analizzare e spulciare ogni singolo piatto. Non ho particolari aspettative quando vado a casa di amici ma sono curioso di mangiare, raramente ho dovuto pensare “oddio che m***a”. C’è sempre l’abitudine da parte degli altri di chiedermi un’opinione e alcuni hanno paura di cucinare per me: io cerco sempre di stemperare facendoli sentire a loro agio, pure chi non è un cuoco professionista può sfornare veramente dei bei piatti».
Mi racconti qualcosa sul tuo recente viaggio in Giappone?
«Mi sono innamorato nuovamente del cibo, come ogni volta che viaggio verso Oriente. Loro hanno un rapporto molto più sano con il cibo e molto più elementare nonostante l’estrema qualità. In Italia non mangio il sushi, lo consumo in Giappone oppure me lo cucino da solo».
La nuova stagione di “Camionisti in trattoria” parte a marzo sul Nove: quali sono le motivazioni che hanno spinto il Gruppo Discovery a scegliere di mandare in onda il programma sul loro canale generalista?
«La scelta è dovuta al fatto che le puntate sono andate benissimo, c’è stata una fidelizzazione inizialmente lenta sulla prima stagione e per la seconda invece c’è stata una sorta di esplosione come se le persone non avessero mai visto nulla del genere in televisione. Questa cosa mi ha fatto sorprendere: non che non sia della stessa pasta di “Unti e Bisunti” ma sono due prodotti differenti, non immaginavo che potessero essere competitor e avere entrambi grande successo».
Quali saranno le novità della terza stagione?
«Per questa terza stagione siamo rimasti fedeli a quello che era il percorso contraddistinto dalle altre trattorie che non sono state raccontate durante la seconda serie, in più proveremo a innestare qualche capatina oltre confine per far vedere come mangiano i camionisti lì: dobbiamo ancora scegliere i posti e girare, andremo verso Ovest in Portogallo, Spagna o Marocco e verso Nord speriamo di arrivare nei paesi scandinavi. All’estero ci puntiamo, due puntate vorremmo farle».
Quale posto ti ha colpito di più?
«La Calabria mi è piaciuta molto, è una terra in cui ci sono ancora persone che faticano ad andare avanti ma fanno bella roba».
A livello umano, quando siete sul set, si crea veramente tra te e i camionisti quell’empatia che si percepisce attraverso lo schermo?
«L’empatia che creo con loro è sicuramente vera altrimenti non riuscirei a farli parlare: ci sono quelli più loquaci, quelli simpatici e quelli meno simpatici. Come in tutti i rapporti si innesca la dinamica che porta prima o dopo al saluto, con alcuni ci si continua a sentire tramite messaggi o su Facebook».
Quanto ci vuole a girare una serie del tuo programma?
«Per ogni puntata ci vogliono tre giorni: un giorno a camionista. Si viaggia con loro, ci si saluta e poi ci si dà il cambio. Sono sei puntate, quindi ci mettiamo all’incirca 18 giorni».
Quali sono le aspettative per questa nuova edizione?
«Io il mio l’ho fatto, la squadra il lavoro l’ha fatto, adesso tocca al pubblico giudicare. Spero che le puntate siano interessanti quanto quelle della seconda se non di più e che il canale possa ritenersi soddisfatto».
Progetti per il futuro?
«Premetto che è stato molto stancante girare gran parte di questa stagione
(mancano ancora i viaggi all’estero, ndr) per la mole di lavoro: ringrazio i ragazzi che mi hanno sopportato perché ero poco trattabile. Ora siamo già pure su un’altra giostra, stiamo lavorando su qualcosa di nuovo che spero possa fare contenti in autunno i fedeli del Gruppo Discovery».