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Willy Monteiro Duarte, quando l’ergastolo per i suoi assassini non basta!

Ne “Il Miglio Verde”, capolavoro cinematografico diretto da Frank Darabont, il compianto Michael Clarke Duncan, nei panni di John Coffey, il gigante buono ingiustamente condannato alla sedia elettrica, conversando con Paul Edgecombe, interpretato da Tom Hanks, confessa: “Sono stanco, capo. Stanco di andare sempre in giro solo come un passero nella pioggia. Stanco di non poter mai avere un amico con me che mi dica dove andiamo, da dove veniamo e perché. Sono stanco soprattutto del male che gli uomini fanno a tutti gli altri uomini. Stanco di tutto il dolore che io sento, ascolto nel mondo ogni giorno, ce n’è troppo per me. È come avere pezzi di vetro conficcati in testa sempre continuamente. Lo capisci questo?

Oggi avrei voluto disquisire con voi sul ritorno in televisione di Barbara d’Urso, che nei panni di Miranda Priestly, la protagonista de “Il Diavolo veste Prada”, ci ha rammentato quanto è importante saper regalare un sorriso. E ancora, avrei voluto commentare la nuova edizione di Uomini&Donne di Maria De Filippi e il lifting ai limiti del patetico di Gemma Galgani. E infine, avrei voluto concentrarmi sul bellissimo programma Ogni Mattina in onda su Tv8 e condotto da Adriana Volpe in compagnia di Alessio Viola, che, al di là di Real Time, mi ha tenuto compagnia per tutta l’estate.
Avrei voluto, ma non lo farò, non posso, oggi preferisco ricordare un piccolo grande eroe che ha perso ingiustamente la vita per difendere un amico dalla bestialità di cui solo gli esseri umani riescono così bene a farsi portavoce!
Lui si chiamava Willy Monteiro Duarte, aveva 21 anni ed era di origini capoverdiane. La sua unica “colpa”, sempre che così la si possa definire, è quella di non aver mostrato indifferenza nei confronti di chi era in un momento di difficoltà. Viviamo in una società per molti versi distorta, in quella che può essere definita una discarica umana a cielo aperto, in cui l’odio e la violenza vengono coltivati a discapito dell’amore. Un mondo in cui la discriminazione verso ciò che noi riteniamo “diverso” la fa da padrona, dove chiunque, senza alcuna ragione, può o cerca di avvalersi del diritto di nuocere gratuitamente agli altri e, il più delle volte, nessuno fa niente per impedirlo, al massimo si resta in silenzio ad osservare. Un’epoca di arretratezza mentale e vergognosa ignoranza nel corso della quale si predilige di gran lunga fornire modelli sbagliati alle nuove generazioni, anziché buoni esempi da seguire. Ed è esattamente di questo che stiamo parlando, di quattro individui già noti per il loro comportamento non proprio “pacato”, che hanno riversato tutta la loro rabbia e frustrazione su una persona innocente. Eppure, in questo caso, non verrà riservato loro il pubblico vilipendio che siamo soliti propinare a chi commette atti del genere, e per i quali la punizione non è mai sufficientemente equa. Non leggeremo quell’infinità di tweet al vetriolo che il popolo del Web spesso rifila a certa gente. Non si parlerà abbastanza e con il dovuto rispetto di Willy. E sapete perché?! Forse perché lui era un immigrato e i suoi carnefici nostri connazionali, o chissà, magari perché siamo talmente abituati a sentir parlare di violenza che quasi quasi non ci sfiora nemmeno più. Già me li immagino alcuni dei nostri ben pensanti politici, in preda ad uno dei loro deliri di onnipotenza, se fosse stato un africano, un cinese o un australiano a compiere un’azione deplorevole di egual misura ai danni di un italiano. E pensare che i familiari degli indagati hanno avuto persino il coraggio di affermare: “In fin dei conti cos’hanno fatto? Nulla. Hanno solo ucciso un immigrato”. E di quegli utenti che si sentono in dovere di sottolineare che la famiglia di Willy è perfettamente integrata, che lui era diplomato e che era un bravissimo ragazzo, cosa dovremmo dire? Ce n’è davvero bisogno?! Se fosse stato un ragazzo non integrato, che non conosceva l’italiano, analfabeta e sbarcato ieri, sarebbe stato comunque una vittima.

Agli assassini di Willy, a quei vigliacchi senza anima e Dio che hanno giusto l’ardire di accusarsi a vicenda, non può che andare tutto il mio disprezzo. Continuo a confidare che ricevano una punizione esemplare, anche fosse l’ergastolo (che comunque mi sembra poco), sebbene, visti i precedenti, affidarsi a quella che è la giustizia, ad oggi, rimane un po’ un’utopia!

Simone Di Matteo

Simone Di Matteo, curatore della DiamonD EditricE, autore, scrittore e illustratore grafico è tra i più giovani editori italiani. I suoi racconti sono presenti in diverse antologie.Nel 2016 partecipa con Tina Cipollari alla V edizione del reality show Pechino Express in onda su Rai2 formando la coppia degli Spostati. Dopo Furore (tornato in onda in prima serata su RAI2 nel marzo 2017) 
è tra gli ospiti del nuovo esperimento sociale in onda su Rai4 Social House. Attualmente è impegnato in una missione segretissima a favore della pace nel mondo. Web: www.simonedimatteo.com