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Mare Fuori, redenzione a più strati: i casi di Gaetano e Viola |

L’analisi psicologica alle morti dei due personaggi Gaetano e Viola in Mare Fuori

Mare fuori…dolore dentro: non sappiamo più come catalogare la famosa fiction di Rai 2 che sta spopolando minuto dopo minuto i record dell’emittente di Stato. Un successo negli anni che, seppur favorito dall’appeal internazionale di Netflix la scorsa estate, sta rinvigorendo l’arte drammaturgica italiana, troppe volte messa in discussione. E i personaggi, quasi come bagnati da quel neorealismo all’italiana che ci fa compagnia da decenni, sembrano essere benedetti dall’aura dell’autenticità. Col rischio della completa immedesimazione, come nel caso di Gaetano e Viola

Viola in “Mare Fuori”: l’autodistruzione come senso della vita

Ultima scena di Viola in “Mare Fuori”

“La gente, quando mi vede per strada, si intimorisce e ha quasi paura di avvicinarsi”, confida Serena De Ferrari in una recente intervista a Vanity Fair, pagando il dazio di un cosiddetto villain…fino a ieri sera. Perché la ‘psicopatica’ Viola ha salutato anche i boomer come noi che aspettavano la visione televisiva di Mare Fuori con un atto estremo che racchiude il nostro shock interiore. Infatti tutti hanno confermato sui social il loro senso di amarezza, per aver giudicato spietatamente gli atti di questo personaggio, vittima ancora una volta di un’infanzia dura da vivere, con un padre violento e una madre apatica. Il regista, d’altro canto, ha enfatizzato tali schermaglie comportamentali nel pubblico, lasciando incompiuto per 3 stagioni il puzzle biografico di Viola, ricordata in un episodio delle precedenti stagioni per l’omicidio spietato compiuto alla migliore amica. Anche lì un atto estremo demistificato dalla paura di restare soli, come d’altronde la nostra Viola è voluta rimanere per l’eternità gettandosi nel vuoto, dal terrazzo dell’IPM.

Gaetano in “Mare Fuori”: metafora di redenzione ultraterrena

Ultima scena di Gaetano in “Mare Fuori”

Gaetano, invece, ha shockato il pubblico con una morte cinematografica, al termine di un percorso narrativo di formazione. Dal lato oscuro a causa dell’ammaliamento del male della ‘paranza’ fino al tocco vitale generato inconsapevolmente da Carmine volto alla figlia Futura che trasforma l’antieroe in un eroe: Niccolò Galasso muore – senza proiettili in canna – perché non ha vie di uscita e viene onorato nell’episodio di ieri sera di Mare Fuori attraverso i genitori che decidono di trasportare la sua salma dentro all’IPM. Un cordoglio silenzioso e commuovente che umanizza anche la spietatezza della camorra negli occhi di Edoardo, anch’esso colpito nel profondo per aver deciso della vita di un suo ‘militante’. Al contrario della solitudine di Viola, Gaetano racchiude gradualmente il messaggio collettivo di redenzione (e di resa) ad un macigno esterno che difficilmente si scrosta dalle pareti umane. A pagarne dazio infatti è la famiglia sacrificata con quei genitori (ricordiamo per curiosità del lettore come il padre nella fiction sia davvero reale) che hanno scelto di non usare i pugni come per Viola ma le carezze per un figlio che li ha ripagati alla lunga, verso la strada della lucentezza interiore. Trovata, purtroppo, in un altro mondo.  “Ce la stava quasi facendo ma poi si spegne, e questo lo consegna alla memoria”, chiosa Niccolò a Vanity Fair parlando del suo Pirucchio che rimane così un martire della crudeltà umana.

“Quando giocate a fare i camorristi, ricordatevi che avete una data di scadenza sulla fronte”, sentenzia il Comandante Massimo Esposito annunciando la morte di Gaetano ai ragazzi dell’IPM, prima che – verso la fine dell’episodio – Viola bacia la direttrice dicendogli “Sei la madre che avrei voluto avere”: frasi forti e iconiche che restituiscono le anime di due personaggi che – speriamo – possano diventare moniti ai giovani. Infatti “Mare Fuori” non è soltanto un trend topic di una generazione Z, ligia alla logica della bellezza esteriore e dal click facile, ma è un generatore di asterischi all’interno di ogni singola pagina di copione. Soprattutto in questa terza stagione, quando si chiudono completamente i cerchi di ogni ragazzo.

Luca Fortunato

Nato con la 'penna' all'ombra del Colosseo, sono giornalista pubblicista nell'OdG del Lazio. Accanto alle cronache del mio Municipio con il magazine La Quarta, alterno le mie passioni per la musica e il calcio, scrivendo per alcune testate online (M Social Magazine e SuperNews), senza dimenticare il mio habitat universitario. Lì ho conseguito una laurea triennale in Comunicazione a La Sapienza e scrivo per il mensile Universitario Roma. Frase preferita? "Scrivere è un ozio affaccendato" (Goethe).