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“I semi del silenzio” di Patrizia Tocci | RECENSIONE

La poesia non conosce confini. Comunica mancanze, stonature e sofferenza. La sua bellezza la trovi nei mondi rovesciati di emozioni, soprattutto di un eterno dolore. La poesia è rivelazione. La sua verità ti travolge come una tempesta inaspettata. Sei impreparato ad accoglierla in secchiate di evidente rumore. Essa sbatacchia sulla sensibilità di chi sa abbracciarla. Scuote la sonnolenza ed invita ai sussurri che mulinano come carte al vento. La poesia somiglia a se stessi. Ha la febbre dei silenzi esplicitati in altalene di sguardi di fiamme e di freddo. Leggere e suggerire le poesie potrebbe essere una rivoluzione. Un tempo che scorre per accaparrarsi l’origine che coincide con il futuro, con ciò che si vorrebbe. La poesia non assomiglierà a quelle degli altri. Ogni verso tiene in piedi labbra strette, baciate, dimenticate, illuse da inganni che feriscono l’anima. Le rime sono lo specchio del pianto, del canto, della disperazione, del dolore. Raccontano una storia che riesce ad infilarsi nelle viscere della sensibilità per comprenderla appieno. 

In I semi del silenzio di Patrizia Tocci finisci nel vissuto di una silloge poetica che, racchiude componimenti che vanno dal 1990 al 2020, si fa vita. I versi sono legami di giorni passati con quelli a venire. La poesia della Tocci è giorno e notte insieme. Rovine e voci che costruiscono memoria e sogni. Il dolore consegna una legittimità alle sue poesie. Solo così i versi non saranno mai versi qualunque, ma il richiamo della propria angoscia, del segreto che si libra tra colori e fiori.

Lucia Accoto

Lucia Accoto. Critico letterario per Mille e un libro Scrittori in Tv di e con Gigi Marzullo Rai Cultura. Giornalista, recensore professionista.

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