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“Luca”, la nuova icona Disney della diversità e dell’amicizia formativa | RECENSIONE

La pandemia ci ha fatto riscoprire valori ritenuti talvolta scontanti e negati all’improvviso, ma così belli da poter finalmente riassaporare…pure davanti a uno schermo. E’ un diktat controtendente per la stagione – finalmente – outdoor , ma efficace quello che ruota attorno all’ultimo capolavoro estivo Pixar intitolato “Luca”, disponibile da appena 2 giorni (18 giugno) sulla piattaforma Disney + e già visto da milioni di iscritti che rinnova il legame dell’amicizia e l’esaltazione della propria identità. Temi forti e attuali, modellati con l’ormai live action per una esperienza sempre più immersiva negli schermi casalinghi volti al 4k, che sgretolano sempre più la necessità delle sale cinematografiche, relegandole a mondi ormai passati – non a caso la Disney ha scelto proprio lo streaming per il lancio promozionale, lasciando ai cinema solo le aree del mondo non coperte dall’applicazione. A trainarli due personaggi simil-reali, ispirati all’esperienza diretta del regista Enrico Casarosa in termini di mentalità ma sotto le spoglie di mostri marini trasformabili in umani e viceversa a contatto o meno con l’acqua, che ricordano le celebri amicizie su pellicola, addolcendole con il periodo pre-adolescenziale e il conseguente attaccamento alla famiglia. Qui infatti abbiamo un protagonista curioso, Luca, che saprà superare paure e limiti dettati da una madre apprensiva grazie proprio a un contrappeso apparentemente sfrenato, Alberto, rimasto senza genitori da molti anni e capace di crearsi autonomamente una vita proprio fuori dal mare.

Sarà lui, simile proprio al migliore amico del regista, dallo spirito libero e socievole, che aiuterà il protagonista a crescere, attraverso la rincorsa a un mito iconico a 360 gradi: la Vespa. Infatti la celebre moto italiana diventa anche in live action l’esempio di sfrenatezza e libertà, anche grazie alla precisa collocazione temporale della storia – anni 60′ -, oltre ad archetipo italiano reale dirimpetto al paesaggio fittizio sulla riviera ligure dove si svolge la storia, Portorosso. Proprio la cittadina, che prende spunto dalla reale Vernazza, riprende i tratti caratteristici del borgo, devoto alla sua attività primaria (la pesca) e alla tradizione (la gara annuale di triathlon) e in balia dell’immobilismo sociale (da qui l’incontrastato potere del pluricampione Ercole Visconti, il villain della storia). Al suo interno però scatta l’immancabile miccia narrativa, capace di sprigionare l’onda rivoluzionaria dall’esterno con i due ragazzi e dall’interno con l’avventuriera estroversa Giulia Marcovaldo che travolge tutti gli spettatori, con il cliché dello svelamento del mostro. Esso, infatti, diventa così ancora una volta il manifesto con le squame che sventola, dopo l’inevitabile copertura iniziale, e che grida a tutte le minoranze ancora in cerca di voce nel mondo, mantenendo così intatto lo scopo pedagogico della madre mediatica per eccellenza di giovani…e appassionati senza età!

Luca Fortunato

Nato con la 'penna' all'ombra del Colosseo, sono giornalista pubblicista nell'OdG del Lazio. Accanto alle cronache del mio Municipio con il magazine La Quarta, alterno le mie passioni per la musica e il calcio, scrivendo per alcune testate online (M Social Magazine e SuperNews), senza dimenticare il mio habitat universitario. Lì ho conseguito una laurea triennale in Comunicazione a La Sapienza e scrivo per il mensile Universitario Roma. Frase preferita? "Scrivere è un ozio affaccendato" (Goethe).