TELEVISIONE

Canale 5, “L’ora” un po’ insolita di fare fiction impegnate | RECENSIONE

“Mi aspettavo qualcosa di diverso”: mood corale per la prima attesissima puntata de “L’ora – inchiostro contro piombo”, la nuova fiction di Canale 5 al via da ieri, mercoledì 8 giugno, per ben 5 serate. Un prodotto caro ai temi del Biscione, da sempre dediti a raccontare storie amarcord meridionali con vezzi mafiosi, ma con una modalità leggermente più internazionale. Ed è proprio quello che ha destabilizzato il pubblico di Canale 5, o perlomeno i più fedeli. Infatti si leggono sul web commenti circa la “lentezza”, quasi antitetica alle sanguinose lotte di Rosy Abate, che fa apparire un certo senso di “noia”, anch’essa rumorosa rispetto alla suspence soapoperiana che arricchisce in pianta stabile il palinsesto delle reti lombarde ormai da anni.



Eppure la serie di Filippo Messina, accompagnato dall’indipendente Indiana è un ritorno all’impegno civile, un romanzo noir che rende gloria a eroi coraggiosi con la penna in mano, senza puntare al mero sangue ma al valore intrinseco delle parole. Una fra tutte: “Mafia”. Quella con cui il talentuoso Claudio Santamaria, nei panni fittizi del direttore Antonio Nicastro (in realtà Vittorio Nisticò) combatte fino alla fine della prima puntata per scriverla sul suo quotidiano “L’ora”, scatenando inevitabilmente tante conseguenze catastrofiche per la sua redazione che vedremo nelle prossime puntate. Dagli ostacoli giudiziari, con annesse diffide e blocchi editoriali agli attacchi mafiosi, con la bomba sganciata nel 1958 a fare da copertina ancor prima della sigla: “L’ora -inchiostro contro mafia” è un racconto diverso, fiero e orgogliosamente italiano senza aiuti internazionali di Netflix e Amazon Prime Video, che ha soltanto la paura, come in determinate azioni, di sfidare il palinsesto Rai nella sua classica “belle epoque” autunno-primaverile.

Lo riscontriamo infatti nell’analisi profonda dei personaggi, psicanalizzati a fondo con una tecnica visiva molto impattante e molto fedele al ritmo ansiogeno e quasi maniacale verso i dettagli, e negli altrettanti momenti apparentemente stranianti dal tema portante che raccontano da vicino gli anni ruggenti ’50 nella Sicilia del dopoguerra, con i colori originali della gente e dei redattori volti a una propria idea di giornalismo. Non mancano poi richiami alle infiltrazioni politiche nelle redazioni, di quel Partito Comunista che dettava legge per mandare avanti la baracca, alla Legge Merlini, messa in discussione proprio da chi l’ha vissuta sulla propria pelle (nel caso della giovane prostituta Nerina), fino a quel sistema colluso che ha decimato vittime in un libro di storia però di eroi che giungono fino a noi. Insomma L’Ora è un esperimento maturo che aspetta con ansia di ridare lustro e qualità a Canale 5, con la speranza di non averne disperso ormai troppo con fiction non alla stessa altezza nel corso degli ultimi anni.

E a voi è piaciuta?

Luca Fortunato

Nato con la 'penna' all'ombra del Colosseo, sono giornalista pubblicista nell'OdG del Lazio. Accanto alle cronache del mio Municipio con il magazine La Quarta, alterno le mie passioni per la musica e il calcio, scrivendo per alcune testate online (M Social Magazine e SuperNews), senza dimenticare il mio habitat universitario. Lì ho conseguito una laurea triennale in Comunicazione a La Sapienza e scrivo per il mensile Universitario Roma. Frase preferita? "Scrivere è un ozio affaccendato" (Goethe).