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Generazione 56K, parla Angelo Spagnoletti: “Un’epoca vissuta personalmente di sbieco che ci ha insegnato ad ascoltarsi” | INTERVISTA

Gli anni 90′ come un punto cruciale delle nostre vite, dall’oggettistica alla propria morale: “Generazione 56k”, la nuova serie di Netflix diretta e ideata da Francesco Ebbasta, riavvolge il nastro su un’epoca rivoluzionaria, arricchendola di cliché esilaranti e riflessivi, sotto il vento della tecnologia. Importante sì, ma secondaria, almeno per Daniel, alias Angelo Spagnoletti, che ci ha raccontato in un’intervista la sua visione su quell’epoca e sul suo personaggio, senza esimersi dalla sua visione attoriale della vita. Alla ricerca del vero.



“Nonostante li abbia vissuti di sbieco – racconta l’attore di Telese Terme al debutto da protagonista sul grande schermomi ci rivedo e la sua influenza la sento molto familiare.” Non a caso la nascita, seppur leggermente postuma rispetto a chi già andava alle elementare nel 1998 – è nato infatti nel 1994, ndr – si snoda proprio in quell’epoca di primi passi tecnologici, dall’impatto millenario seppur durino così poco. “Son ricordi di un periodo così vicino, distante solo 20 anni che sembra quasi di 1000 per la sua portata rivoluzionaria. Penso che un cambio tecnologico così importante sia impossibile da ritrovare, perché ora tutto è più scontato, non c’è più stupore di fronte a una nuova invenzione”.

E proprio lo stupore, componente emotiva principe della serie tv che vede protagonisti pure i The Jackal dopo un percorso accurato di vari provini nello scorso Agosto 2020, è quel sentimento genuino che Angelo Spagnoletti porta in mostra nelle 8 puntate di circa 30 minuti visibili sulla piattaforma streaming dal 1° Luglio, sulla scia del suo spirito guida Gian Maria Volontè : “ecco, lui in particolare mi ha fatto capire come l’attore non sia solo un mezzo per raccontare una storia, ma anche un veicolo di pensieri utili in un periodo storico particolare, con dei temi importanti che vanno oltre al film perché è l’arte che ti mette nella condizione di doverlo fare.”

Solo che qui la strada si biforca in due archi temporali, con un lasso similmente corto fra il 1998 e appunto gli anni ’20, che trasforma i protagonisti attuali in evoluzioni naturali dei ragazzi, in tal caso Alfredo Cerroni nella parte del giovane Daniel: “Qui abbiam dovuto fare un percorso a ritroso, costruendo i personaggi sui modi di fare, tic, movimenti dei bambini che avremmo proiettato in età adulta, lavorandoci assieme”. Risultato? Una timidezza schermata dal dating, nel caso del protagonista che alla fin fine troverà risposta proprio nell’alter ego femminile, Matilda (Cristina Cappelli), che fa gridare al necessario messaggio di fondo della fortunata web-serie: “ci sono peculiarità umane che richiedono un certo tempo e un certo ascolto che nessuna macchina potrà mai sostituire”. Se non quella che abbiamo dentro di noi, aggiungeremmo: il cuore.

Ph Angelo Spagnoletti


Luca Fortunato

Nato con la 'penna' all'ombra del Colosseo, sono giornalista pubblicista nell'OdG del Lazio. Accanto alle cronache del mio Municipio con il magazine La Quarta, alterno le mie passioni per la musica e il calcio, scrivendo per alcune testate online (M Social Magazine e SuperNews), senza dimenticare il mio habitat universitario. Lì ho conseguito una laurea triennale in Comunicazione a La Sapienza e scrivo per il mensile Universitario Roma. Frase preferita? "Scrivere è un ozio affaccendato" (Goethe).