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Rocco Hunt, la rivoluzione che non si scinde dalle origini | RECENSIONE ALBUM

Cambiamento fuori, conservazione dentro: Rocco Hunt è tornato a descriversi venerdì 5 novembre, a due anni di distanza, con il quinto album in studio intitolato per l’appunto “Rivoluzione”. Un ep di ben 15 pezzi, introdotti da un breve prologo inatteso dello stimato Lele Adani e costellati da eccellenti collaborazioni, che vede ancora una volta la storia in prima persona del rapper campano, fedele alla sua strada in tutti i sensi ma soddisfatto nei confronti di quel successo che sta travolgendo ormai da qualche anno. Non a caso i suoi brani fra rap e pop, pieni di riferimenti autobiografici e prevalentemente cantati nel dialetto partenopeo, descrivono fieramente il suo percorso, farcito di tanta autocritica e di rivendicazione proprio di quella periferia che molti hanno abbandonato e dimenticato. Esce infatti da melodie trascinanti con sprezzante orgoglio quei ricordi degli amici, così come dei primi amori, con una maturità quasi fuorviante per l’età effettiva di Rocco Hunt. E al suo seguito, coerentemente sfilano grandi artisti, dall’internazionalismo reggae di Ana Mena con la quale ha caratterizzato le ultime due estati alle radici rap-pop nazionali, da quel Guè Pequeno che si confronta a suon di ego trip per ribadire la crescita avvenuta dal basso e senza scorciatoie in ‘Solido‘ a quel Fabri Fibra che porta in scena la lealtà nel gioco e nella vita in ‘Vada come vada’, fino all’ottimismo di quel Carl Brave che attinge dalla sua romanità per esprimere l’importanza della semplicità in ‘Caffèlatte’, senza scordare l’amore universale dei Boombadash nell’ultimo singolo già in radio ‘Fantastica’. Di fianco si snocciola la territorialità, caposaldo della sua poetica musicale dal coraggioso e fortunato esordio sanremese, con la denuncia assieme a Luchè in ‘Regole da infrangere’, l’influente trap di Yung Snapp, MV Killa e LeleBlade e l’allievo Geolier per ‘Che me chiamm a fa?‘. Di suo, Rocco ci mette la presa di coscienza coraggiosa e critica degli uomini di fronte alla donna amata in ‘L’urdemo vase’, un commuovente messaggio al figlio in ‘Fiocco azzurro’, la perdita di una persona in ‘Te pens ancor’ e il romanticismo serale per ‘Sultant’ a mij’.



Insomma Rocco Hunt, metamorfosi lieta verso la grande platea con innegabili e innegate origini – basti pensare alla copertina assegnata a Jorit, street artist rivoluzionario che opera principalmente a Napoli – racconta la sua “rivoluzione” al pari di tanti ragazzi di strada, avvenuta proprio con un cambiamento di vita evidente, ma che in realtà non si scinde da una cifra stilistica importante e sicuramente caratteristica per l’universo hip-hop locale e ora mondiale.

Luca Fortunato

Nato con la 'penna' all'ombra del Colosseo, sono giornalista pubblicista nell'OdG del Lazio. Accanto alle cronache del mio Municipio con il magazine La Quarta, alterno le mie passioni per la musica e il calcio, scrivendo per alcune testate online (M Social Magazine e SuperNews), senza dimenticare il mio habitat universitario. Lì ho conseguito una laurea triennale in Comunicazione a La Sapienza e scrivo per il mensile Universitario Roma. Frase preferita? "Scrivere è un ozio affaccendato" (Goethe).