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Primo Maggio 2024 a Roma: grandine sull’impegno, sole sulla discografia| REPORTAGE

Un po’ ci avevamo sperato di essere abitanti di Pianezza e godersi a casa il 31 Aprile, e invece niente da fare: il Primo Maggio a Roma, dopo l’estiva conferenza stampa del giorno precedente, ha celebrato il suo ennesimo anno di pioggia in una location ancor più affascinante per gli ostinati concorrenti di “Giochi senza frontiere”. Sono proprio loro che hanno sfidato vento, pioggia e grandine, per non perdersi nemmeno un’istante di un Concertone – organizzato sempre da iCompany – singhiozzante ma tenace fino all’ultimo minuto.



Perché nonostante il black-out dell’inizio e i rischi di un’annullamento serpeggiato e augurato nei salottini borghesi, l’evento al Circo Massimo ha saputo rialzarsi, sfidando tempi tecnici e difficoltà logistiche di un’area storica ma anche inadeguata in caso di maltempo. Lo ha fatto prima con uno dei padroni di casa, Ermal Meta, che come un profeta pagano, si è destreggiato magnificamente con la sua chitarra sulle note di Hallelujah – con sprazzo di sole sul Circo Massimo come appagamento divino – e poi con una line-up di giovani ribelli noncuranti di messe in piega o di possibili antipiretici del giorno dopo. Uniti nell’importanza (mediatica) della giornata, divisi per i temi più a cuore: la next generation – oltre all’iconica Giglio vincitrice nel 1MNext2024 – è un quadro sgangherato che ha avuto l’audacia e la necessaria umiltà di omaggiare un palco prestigioso e importante. E via quindi a chi si lancia a torso nudo con un capello di Pikachu danzando insieme alla propria madre (Leo Gassmann), a chi esalta l’autotune come Olly, a chi annulla le distanze fra il bianco e il fango come Mille, e a chi balla sotto la pioggia come se non ci fosse un domani (Chiamamifaro).

Un disegno variopinto, scrutato dagli ombrelloni d’emergenza posizionati nel backstage lato palco del Primo Maggio, che vede soltanto in alcuni momenti pause di riflessioni importanti, per farci staccare la spina mentale di questa lunga playlist “indie” di Spotify. C’è chi si dedica alla questione transgender, come gli Ex-Otago insieme a Elisa Casaleggio, ragazz* genovese, con lo slogan “qualunque pelle abiti tu non tradirti mai”, e chi alla propaganda del fallimento come ha fatto l’altra conduttrice Big Mama, al grido di “fallire è prezioso e insegna tantissimo”. Momento più alto del pomeriggio? Di certo con Morgan, posizionato strategicamente a ridosso della pausa delle ore 19:00, con una veemente critica ai politici e uno sguardo malinconico sulla musica odierna, contrastata dai suoi “rutti” dal quale trae spunto per l’omonimo singolo.

Riflessione demagogica e onesta di un’artista da sempre icona di eccentricità e originalità stilistica, sfumata poi nelle sonorità dance del dj-set di Ema Stockolma, capace di allontanare con le sue casse ad alto volume le…”brutte intenzioni” e le nubi, anticipando una serata piena di stelle musicali. Un red carpet di grandi nomi per la seconda parte del Concertone, catalizzatori di una massa di persone che ha toccato l’apice di 60.000 secondo le stime degli organizzatori.

Nomi forti ma eterogenei nella valorizzazione del palco del Primo Maggio. Infatti, se da un lato c’è stata soltanto la performance (come nel caso eclatante di Ultimo, in un apparente rifinitura artistica del tour imminente, ma anche con Coez & Frah Quintale,Rose Villain e gli stessi Negramaro), dall’altro c’è chi si è ricordato il valore dell’evento e della sua immagine pubblica come portatrice di un messaggio. Lo abbiamo visto in particolar modo con Achille Lauro in versione ‘cicerone’ sui diritti universali dell’uomo con l’enunciazione dell’art.2 e dell’art.4 relativi alla libertà, Geolier al grido cinematografico di “siamo tutti uguali sotto lo stesso cielo”, Tananai con la dedica di Tango al rapper iraniano Thomaj Salehi, condannato a morte negli scorsi giorni per la sua vicinanza alle proteste femminili del 2022 e per aver pubblicato musica contro il regime e con La Rappresentante di Lista col suo inno femminista “contro chi ha tarpato le ali delle sorelle”. Sulla falsariga della parità dei diritti si è lanciata l’altra padrona di casa, Noemi, ricordando in un monologo l’importanza di un’indipendenza economica per fronteggiare qualsiasi sopruso.

Verso la chiusura del Primo Maggio arriva la protesta più incisiva: quella legata alla satira. C’è chi, denunciando le morti sul lavoro, si lancia in un attacco politico come il sempreverde Stefano Massini, e chi deride come Dargen D’Amico proprio l’emittente televisiva, la Rai, per mostrarne l’indebolimento a discapito di altre reti (Nove): “La Rai è un lavoratore speciale di quelli che fanno il doppio lavoro, lavora per sé e per la concorrenza. Gli ascolti stanno andando benissimo e l’anno prossimo il Concertone andrà sul Nove”. Più duro invece Cosmo, che alza la bandiera della Palestina e improvvisa le manganellate durante i suoi brani, in un orario che forse non porta a una notevole risonanza.

Come accaduto d’altronde col povero Piero Pelù, finito anche dietro l’omonima battaglia scritta da De Andrè e letta dai conduttori, che ha lanciato nell’ultimo e a fari televisivi spenti l’unico acuto che forse uno non deve mai dimenticare: essere informati, consapevoli e uniti. Un po’ come – ci auguriamo – hanno fatto i presenti al Primo Maggio, sotto la piogg…pardon, le lacrime del cielo che non si rassegnano alla situazione attuale.


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Luca Fortunato

Nato con la 'penna' all'ombra del Colosseo, sono giornalista pubblicista nell'OdG del Lazio. Accanto alle cronache del mio Municipio con il magazine La Quarta, alterno le mie passioni per la musica e il calcio, scrivendo per alcune testate online (M Social Magazine e SuperNews), senza dimenticare il mio habitat universitario. Lì ho conseguito una laurea triennale in Comunicazione a La Sapienza e scrivo per il mensile Universitario Roma. Frase preferita? "Scrivere è un ozio affaccendato" (Goethe).

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