“Ritornare a vivere” di Andrea Dradi | RECENSIONE
Quando subisci una perdita è come se ti vedessi per la prima volta. Non ti riconosci. Non sei quieto, all’inizio. La mente è occupata dagli stessi pensieri che diventano prepotenti, arroganti, costanti. Uscire fuori dai sussurri è faticoso. Ti aggrappi all’orlo del dolore pensando che lasciare andare la presa significhi riprendesi un attimo dal trambusto emotivo. Mentre vai avanti, la vita continua, senti la forza venirti meno. E in alcuni giorni è ancora peggio. Fai le cose meccanicamente senza avere idea dove vuoi andare a parare. E ti vedi come la prima volta. Non ti sei accorto di tante cose, di te, della quotidianità, di ciò che ti sta attorno. Non si può sempre avere fretta, dolore o restare fermi in una posizione di stallo. Ti perdi lo sguardo, la vita. Arriva un punto in cui sarà il tuo fisico a dirti che bisogna cambiare ritmi, idee, abitudini. Rapidamente torni alla verità dei fatti, non puoi prenderti in giro perché faresti del male solo a te stesso. Inspirare ed espirare non sono atti banali, superficiali. Sono la resistenza alla vita per questoquest’ultima non bisogna sciuparla con la moviola dei ricordi che fanno male. Avere paura di ciò che non conosciamo è normale, ma votarsi al passato per campare è superfluo.
In Ritornare a vivere di Andrea Dadri avverti la stanchezza del protagonista, Luca, inciampato nelle viscere del ricordo che lo separano dalla vita di tutti i giorni. Quando alcuni sguardi se ne vanno, per sempre, sei sicuro di non riuscire a farcela senza. Sbagli. Come sbagliava Luca. La vita è fatta di sorprese, di urla, di pianti e di cose belle. Luca è stato troppo tempo con la schiena contro il muro, aspettando senza guardarsi attorno. Poi la meraviglia lo porta ad abbracciare nuovi sguardi e con essi nuove aspettative prive di ansia, di turbamenti.
Veloce il racconto. La storia risente della mancanza di tecnica narrativa, infatti lo stile della scrittura è molto semplice quasi ad apporre un velo sulla prosa.