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“Il tesoro scomparso di Federico II” di Chiara Taormina | RECENSIONE

I luoghi parlano di noi, ci raccontano una storia. Una di quelle che seducono, che si lascia libera a fil di labbra, senza segreti, se non i propri, a fare da cornice ad una trama che si snoda lenta. In posti del genere non servono le soste per trovare la strada. Le parole avanzano da sole perché quando a guidarle è la memoria storica il sentiero della vita appare chiaro e definito. Nei luoghi puoi vivere momenti di intimi abbracci. Una piazza, un palazzo, un vicolo, un campanile, sono la certezza di un tempo senza fine. Sono anche la finestra spalancata sul mondo della storia, presente e passata. Ed essa assorbe l’energia, la carica, di chi vuol trovare la misura della bellezza che, a volte, nasconde dei segreti. Basta poco, aguzzare lo sguardo ed avere curiosità per sentire il racconto fiatato dai monumenti architettonici. Ci sono storie che ci chiamano come sirene. E sei preso da una vertigine, da quel sussulto che suggerisce una leggera felicità, inespressa. Avverti il mistero racchiuso nella finezza dell’arte. Si percorrono tante strade nella vita, ma non si ha mai la sensazione di volgere le spalle all’antichità, alla storia. Sai, così, che sei dianzi ad un tesoro.

In Il tesoro scomparso di Federico II di Chiara Taormina finisci in una Palermo di ieri e di oggi. Eppure, è come se la vedessi per la prima volta, una città misteriosa che serba un segreto. E sarà un ragazzino, Eneas, a scoprire ciò che è stato celato da secoli. Non è facile il suo compito, solo lui può riuscire nell’impresa. Godrà dell’aiuto di qualcuno di molto importante che lo esorta ad andare avanti, a non mollare. Il coraggio farà il resto.

Semplice lo stile narrativo. Il racconto è lineare, non risente di grandi scosse. La storia dei luoghi sembra un rocchetto che il lettore srotola con la curiosità.  

Lucia Accoto

Lucia Accoto. Critico letterario per Mille e un libro Scrittori in Tv di e con Gigi Marzullo Rai Cultura. Giornalista, recensore professionista.