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“Una ladra in biblioteca” di Sue Halpern | RECENSIONE

Senza il dolore non capiremo molte cose. La sofferenza annulla le banalità e ci spinge ad affondare oppure a risalire la china. Il cambiamento, poi, è inevitabile. Difenderci da ciò che ci sfugge è una priorità che, il più delle vote, ci imponiamo. Pensiamo anche che tutelare la nostra persona con il silenzio sia la cosa migliore da fare. Ahimè, ci facciamo semplicemente del male da soli. Tenere tutto dentro, non raccontarsi, deviare le domande che toccano il personale, non ci aiuta ad essere migliori o diversi da ciò che eravamo prima. Ci ingolfa soltanto d’ansia. Tacitarsi significa soffocare l’istinto, schiacciare le emozioni, privarsi della libertà di dire quello che pensiamo senza cadere nelle offese. Nascondersi dalle parole non giova soprattutto se si vuol restare in disparte. Si noterà prima chi sta tizzo e sulle sue, quindi forzare la chiusura, quando i segnali ci indicano che si può andare avanti senza sentirsi più vittime, sarebbe scomodo ed imprudente. La ragione avrà la sua parte, ma l’istinto la tradirà.

In Una ladra in biblioteca” di Sue Halpern impari a camminare di nuovo verso ciò che dovrebbe essere normale. L’isolamento a cui si è chiusa Kit, una bibliotecaria, sarà una cosa vecchia, del passato, quando avrà di fronte Sunny. Solstice detta Sunny ha quindici anni. È stata arrestata per aver rubato un vocabolario, il giudice la condanna a lavorare per tre mesi nella biblioteca pubblica di Riverton. Sarà la ragazzina a far comprendere molte cose a Kit soprattutto perché la scelta di rubare proprio un vocabolario.

Bella la prosa. Il romanzo è ben scritto anche se la parte iniziale procede in modo stanco. Il lettore comunque non può non apprezzare i messaggi contenuti perché li vive in ogni libro che legge, che tocca, che sfiora e che annusa. 

Lucia Accoto

Lucia Accoto. Critico letterario per Mille e un libro Scrittori in Tv di e con Gigi Marzullo Rai Cultura. Giornalista, recensore professionista.