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Niccolò Ferrero, il viaggiatore folle nello spettacolo| INTERVISTA

Un delfino fra gli squali: definiamo così Niccolò Ferrero, il giovane attore di Torino, ora in scena con lo spettacolo teatrale “La madre”. Espressione metaforica, che racchiude complessivamente la sua visione pura e collettiva di arte, rispetto al volto più stereotipato della competizione sportiva. Ce lo racconta in un’intervista a pieno ritmo, dove l’eco della gioventù in teatro si ode nel lungo tragitto fra gli States e l’adottiva Roma sulle ali della follia creativa, fino a riaccoglierlo come un figliol prodigo, a fianco di una grande maestra d’arte drammatica come Lunetta Savino.

Niccolò Ferrero, dalla compagnia familiare alla cinepresa internazionale

Crederci follemente, mettendoci il massimo impegno: Niccolò si innamora dello spettacolo sulle orme hobbistiche della famiglia, e la concretizza da solo, gettando il cuore oltre l’ostacolo. E infatti, dopo aver mosso i primi passi nella recitazione con la sua compagnia teatrale nella sua Torino non spreca l’opportunità della borsa di studio capitata fra le mani per volare a Los Angeles al corso “Acting for the camera” e scoprire, a diploma concluso, che quella strada sarebbe stata il suo futuro. “Fu un’esperienza incredibile di 3 mesi – ci racconta il giovane attore – che mi fece venire la folle idea di proseguire questa carriera”.

E folle – ma al tempo stesso importante – fu la perseveranza cieca di accettare il rifiuto in graduatoria e rimanere alla stregua, “da primo fra gli esclusi”, fino alla chiamata, al terzo tentativo, che gli spalancò le porte del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma. Come un delfino fra gli squali, appunto: “Lì mi sono trovato completamente disorientato perché non sapevo come si svolgesse questo mestiere , non avendo neppure contatti in famiglia, ma ero rimasto affascinato”. Proprio tale fascinazione, mista alla dedizione, lo portò ad ottenere quel diploma sognato nel lontano 2020, nel contesto straniante della pandemia: “rimandai i festeggiamenti più avanti, ma ricordo ancora quanto fossero surreali le lezioni e gli spettacoli su zoom. Per fortuna abbiamo svolto pure i monologhi, trovando così una valida via di uscita”.

Un delfino, appunto, che fra squali affamati in un mare sempre più stretto per via delle restrizioni, ha studiato con originalità la via migliore da dove ripartire e l’ha voluta percorrere follemente, sempre nel nome dell’auspicata unione fra artisti.

Senza grosse pretese, perciò Niccolò ha riempito i vuoti con l’ascolto dei più grandi , con lo sguardo teneramente folle e creativo che rende questo mestiere unico e inimitabile: “l’attore, secondo me, ha un valore artistico e creativo. Limitarsi soltanto alle scelte del regista renderebbe la sua figura come un mestiere”. Meccanico, aggiungeremmo noi, alla quale l’artista controbatte con tante idee originali portate senza paura anche durante provini. Perché, ci ricorda, “la costruzione di un personaggio, parte sempre dal nostro avvicinamento interiore”.

E l’idea più interessante, pervenuta a ruota libera durante l’intervista, sarebbe quella autobiografica di rendere il suo ineluttabile difetto di pronuncia legato alla cosiddetta “R moscia” – deliberatamente accantonata grazie alla madre ‘adottiva’ logopedista al Centro – un punto di partenza per un personaggio ex novo. Lungi dagli stereotipi. “Han sempre detto che questo difetto – ricorda il giovane attore – sia associato allo snobismo dei ricchi, mentre io vorrei portare alla luce con un personaggio come esso possa emergere con classe anche da chi proviene da altri ceti”. Un tratto linguistico da rivendicare, da delfino, che ricerca “lo spazio per tutti” anche dentro ai testi di un copione, contrapposto allo “squalismo individualistico” del cinema.

Niccolò Ferrero, la fascinazione del cinema e il (ritrovato) primo amore

Amarsi sempre, abbandonarsi mai: Niccolò è nato col teatro, si è lasciato folgorare dal cinema che lo sta sempre più portando alla ribalta, e ora lo ritrova temporaneamente con un approccio sicuramente più maturo. Dopo, infatti, aver recitato ad esempio davanti all’empatica Claudia Gerini nel suo film d’esordio “Tapirulan” e con l’amica Maria Chiara Giannetta in “Buongiorno Mamma” e “Blanca”, il giovane piemontese ritrova il suo amico Marcello Cotugno alla regia per lo spettacolo “La Madre”, in scena dal 14 al 26 Marzo al Teatro Quirino.

Un testo universale e molto psicologico, riadattato dalla celebre black comedy transalpina di Florian Zeller, dove Niccolò Ferrero svolge i panni del figlio di Lunetta Savino. Un’altra prova attoriale, a fianco di un altro grande volto dello spettacolo. Di lei infatti l’attore dichiara: “Lunetta è una fuoriclasse, una stakanovista che ci ha dato la spinta a dare il meglio di noi. E’ un traino che ci ha donato tanto amore sia dietro le quinte che sul palco” … quasi ai limiti della sceneggiatura.

Infatti leggendo nella trama l’attrice pugliese svolge il ruolo di una madre morbosa, che viene logorata completamente dopo il lecito allontanamento del figlio in età adulta, portando alla luce ulteriori stereotipi che in chiave italiana ricevono una forte cassa di risonanza sotto il termine “mammone”. “Non vogliamo mandare un messaggio a tutti i costi – avverte però Niccolò Ferrero – ma di sicuro ci si può riconoscere in uno dei due personaggi, se non in entrambi”.
Attraverso una garantita bravura artistica, Lunetta Savino ha generato così un’altra luce positiva sul giovane attore, pronto a continuare la sua scalata verso il successo, godendosi già questo periodo ricco di impegni. “Avevo paura dei vuoti dopo un lavoro – conclude Niccolò – mentre ora rischio di accumularne anche troppo…ma ne sono felice!”

Luca Fortunato

Nato con la 'penna' all'ombra del Colosseo, sono giornalista pubblicista nell'OdG del Lazio. Accanto alle cronache del mio Municipio con il magazine La Quarta, alterno le mie passioni per la musica e il calcio, scrivendo per alcune testate online (M Social Magazine e SuperNews), senza dimenticare il mio habitat universitario. Lì ho conseguito una laurea triennale in Comunicazione a La Sapienza e scrivo per il mensile Universitario Roma. Frase preferita? "Scrivere è un ozio affaccendato" (Goethe).