TELEVISIONE

Maria Corleone: erede o copia di Rosy Abate?

Eppur si vince: Taodue, seppur senza lo storico Pietro Valsecchi in cabina di regia, riavvolge il nastro e approfitta del singhiozzante panorama televisivo di fine estate per piazzare una copia carbone (o dorata, stando ai dati Auditel) della dirompente Rosy Abate con Maria Corleone.

I connotati cambiano, così come il nome della protagonista, ma la narrazione rimanda quel modello tanto avvincente in passato, quanto rischioso ora. Perché se prima i nomi avevano un eco più limitato, con la cosca Abate conosciuta bene dagli appassionati del crime qui la voce si alza, col pesante nome dei Corleone, e di una figlia immaginaria, Maria, che si propone di essere una nuova eroina del male in salsa “spin-off”. Con un difetto temporale: Rosy Abate apparve nel 2007, gettando le basi della criminalità rosa in Taodue mentre qui, nel 2023, quando il processo d’emancipazione della donna è ancor più avanzato, si ammicca al clichè della ragazza in carriera, pronta a prendersi il potere.

Ciò che aiuta Maria Corleone ad avere un significato in questi anni è la capacità di un’attrice talentuosa e pronta finalmente alla prova da protagonista, Rosa Diletta Rossi, che non fa rimpiangere quella ostinata Giulia Michelini del passato, sfornando un repertorio credibile coerente al prodotto. Rimane soltanto il peso di un “dejavú”, come succede a chi deve sgomitare per togliersi di mezzo un soprannome. Non basta, infatti, Milano, a far dimenticare i territori aridi e rurali della Sicilia, non serve un figlio “nascosto” a farci allontanare dalla relazione fra latitante e poliziotto vissuta per anni con la Squadra Antimafia. In pratica la nostalgia prevale sull’originalità, lasciandoci altresì incollati allo schermo, solamente perché c’è quel fascino verso queste figure apparentemente spietate ma sotto sotto fragili, combattenti fra bene e male fino all’ultimo ciak.

Un altro punto a favore di “Maria Corleone” è legato al tema centrale della storia, le relazioni familiari, come ammesso anche dal regista Mauro Mancini, che lo rende quasi antitetico al mondo solitario di Rosy Abate. Qui il gioco-forza dei sentimenti di amore verso la famiglia e il lavoro valica qualsiasi desiderio di potere, seguendo sempre quel sottile velo della vendetta che tanto piace intrinsecamente nell’animo umano.

Insomma Maria Corleone è piaciuta nei limiti di una televisione ormai sempre più orfana di spettatori, regalando linfa vitale a un genere che sembrava quasi entrato in un coma irreversibile. Ma la terapia sarà ancora valida fra un anno? I fan della serie se lo augurano!

Luca Fortunato

Nato con la 'penna' all'ombra del Colosseo, sono giornalista pubblicista nell'OdG del Lazio. Accanto alle cronache del mio Municipio con il magazine La Quarta, alterno le mie passioni per la musica e il calcio, scrivendo per alcune testate online (M Social Magazine e SuperNews), senza dimenticare il mio habitat universitario. Lì ho conseguito una laurea triennale in Comunicazione a La Sapienza e scrivo per il mensile Universitario Roma. Frase preferita? "Scrivere è un ozio affaccendato" (Goethe).